Commodore è, e rimarrà, un nome legato alle memorie di chi ha vissuto l’epoca d’oro dei primi PC, gli anni ’80 del secolo scorso. Il marchio Commodore non è infatti in possesso di Commodore Business Machines Ltd., contrariamente a quanto affermato dall’azienda stessa, e probabilmente non lo sarà mai.

Partiamo dall’inizio. Il nome è stato riportato sotto i riflettori dei media e dell’attenzione pubblica da una startup, chiamata Commodore Business Machines Ltd., fondata da italiani a Londra. Fin qui tutto bene, se non fosse che sono emerse da subito alcune criticità: tra tutte, la più notevole è la “somiglianza” tra il Commodore Pet, smartphone della rinata italo-britannica Commodore, e l’Orgtec WaPhone, smartphone low-cost prodotto da una anonima azienda cinese. In Rete si è quindi aperto un dibattito non ancora concluso, alimentato anche dalle dichiarazioni di Commodore Business Machines Ltd. (detta anche CBM) circa il fatto che non si tratterebbe di un semplice rebrand, ma di qualcosa di più complesso – cosa che sa un po’ di arrampicata sugli specchi: qualunque azienda che importa prodotti e appone il suo marchio effettua le stesse operazioni senza velleità rivoluzionarie. Ma non finisce qui: i due principali punti di forza di CBM e del Commodore Pet, il marchio e il software, stanno prendendo il volo.

Veniamo infatti a sapere tramite Amiga-news.de che il marchio Commodore, attorno al quale ruota tutta la faccenda grazie al suo elevato potere nostalgico, non è in realtà in possesso di Commodore Business Machines Ltd. o del suo fondatore Massimo Canigiani. Quest’ultimo ha infatti sempre dichiarato di esserne “entrato in possesso” (dal sito web: “nell’anno 2015, Commodore Business Machines Ltd. è in possesso dei diritti sul marchio Commodore in 38 Stati in tutto il mondo”), ma non ha mai chiarito se avesse rilevato il vecchio marchio o se avesse tentato di effettuare una nuova registrazione. Purtroppo per lui e per chi avrebbe voluto un ritorno della C= sul mercato, però, la seconda ipotesi è quella buona: Canigiani ha cercato di registrare un nuovo marchio.

Il tentativo non è, però, andato a buon fine. Innanzitutto, Canigiani aveva affermato di essere entrato in possesso del marchio lo scorso anno, ma questo è stato in realtà registrato lo scorso Aprile (e la procedura di registrazione è pubblicamente visibile). Secondariamente, il marchio “Commodore” e il simbolo della “C=sono ancora validi e in possesso di C=Holdings B.V., azienda olandese proprietaria dei diritti sul nome e sul marchio Commodore. L’azienda ha presentato opposizione formale alla registrazione da parte di Canigiani del marchio Commodore ed è pressoché certo che, alla fine, la realtà olandese vedrà giustamente riconosciuta come valida l’opposizione e la registrazione sarà quindi annullata: il diritto e il buonsenso stabiliscono che non sia possibile registrare due volte lo stesso marchio, anche se in settori differenti. Abbiamo contattato C=Holdings B.V. e siamo in attesa di risposta l’azienda ha risposto come segue:

After we became aware of the alleged plan of Commodore Business Machines Limited, a U.K. company, and its principal Mr. Massimo Canigiani, we have informed them immediately that they are not entitled to make use of the COMMODORE brand and its trademarks without the prior written authorization of C=Holdings B.V. We have not granted any such authorization to them and, as such, they are infringing our rights and are acting in bad faith. Again, C=Holdings B.V. will vigorously defend its rights and reserved all legal actions and remedies in this matter.

Dopo che ci siamo resi conto dei supposti piani di Commodore Business Machines Limited, una società del Regno Unito, e del suo capo Massimo Canigiani, li abbiamo immediatamente informati che non hanno diritto a fare uso del marchio COMMODORE e dei suoi marchi registrati senza una precedente autorizzazione scritta di C=Holdings B.V.. Non abbiamo dato loro nessuna autorizzazione del genere e, pertanto, stanno violando i nostri diritti e stanno agendo in malafede. Di nuovo, C=Holdings B.V. difenderà vigorosamente i suoi diritti e si riserva di intraprendere tutte le azioni legali e di trovare tutti i rimedi in questa faccenda.

L’azienda londinese diffonde, per mano di Canigiani, un comunicato sul suo sito:

While waiting for further explanations from competent institutions,  Commodore Business Machines LTD wishes to confirm that it is in no way affiliated or related to C=Holding BV, and confirms to be the only legitimate owner of the figurative brand Commodore in its business sector (smartphones).

In attesa di ulteriori spiegazioni dalle istituzioni competenti, Commodore Business Machines Ltd desidera confermare che non è in alcun modo affiliata o collegata a C=Holdings B.V. e conferma di essere l’unica proprietaria leggitima del marchio figurativo Commodore nel suo settore di mercato (gli smartphone).

Ecco quindi che l’azienda sostiene che, essendo il marchio Commodore e la C= registrati per altri settori di mercato, allora è possibile registrarlo e utilizzarlo in altri settori. Eppure non c’è da stupirsi che nessuno abbia avuto successo nel registrare i marchi “Ferrari”, “Armani”, “Nike”, “Barilla” e così via come marchi nel mondo degli smartphone: c’è rischio di creare confusione tra i consumatori, che associano un certo marchio ad una certa azienda. E questo è proprio quello su cui ha puntato Canigiani: ha giocato la carta della nostalgia in tutti i settori e si è proposto come erede di un marchio che non è di sua proprietà, facendo di tutto per rimandare alla vecchia Commodore, salvo poi affermare che si tratta di marchi differenti una volta che i legittimi proprietari del marchio hanno bloccato la registrazione.

La legge italiana (e, nello specifico, il Codice della Proprietà Intellettuale o, in breve, cpi) afferma che per registrare un nuovo marchio sia imprescindibile il carattere di novità e che tale carattere non possa essere accordata a marchi che “siano identici o simili ad un segno già noto come marchio o segno distintivo di prodotti o servizi fabbricati, messi in commercio o prestati da altri per prodotti o servizi identici o affini, se a causa dell’identità o somiglianza tra i segni e dell’identità o affinità fra i prodotti o i servizi possa determinarsi un rischio di confusione per il pubblico, che può consistere anche in un rischio di associazione fra i due segni” e “siano identici o simili ad un marchio già notoriamente conosciuto ai sensi dell’articolo 6bis della Convenzione di Unione di Parigi per la proprietà industriale, per prodotti o servizi anche non affini” (art. 7 cpi comma c) e g), grassetto per aggiungere enfasi non nell’originale).

Le parole evidenziate sono quelle più rilevanti in questo caso: la confusione tra il marchio storico e il nuovo marchio è totale e tutti, anche e principalmente a causa delle azioni e delle parole di CBM, hanno sovrapposto i due marchi. Tale regola, dettata dal buonsenso prima che dalla legge, è valida anche a livello europeo ed è condivisa da tutti gli Stati appartenenti all’Unione:

Art. 6bis della Convenzione di Parigi:

1)  I paesi dell’Unione s’impegnano a rifiutare o invalidare, sia d’ufficio – se la legislazione del paese lo consente – sia a richiesta dell’interessato, la registrazione e a vietare l’uso di un marchio di fabbrica o di commercio che sia la riproduzione, l’imitazione o la traduzione, atte a produrre confusione, di un marchio che l’autorità competente del paese della registrazione o dell’uso stimerà essere ivi già notoriamente conosciuto come marchio di una persona ammessa al beneficio della presente Convenzione e usato per prodotti identici o simili. Lo stesso dicasi quando la parte essenziale del marchio costituisce la riproduzione d’un marchio notoriamente conosciuto o un’imitazione atta a creare confusione con esso.

Appare quindi evidente che la difesa portata avanti da Canigiani sia quantomeno fallace.

La ciliegina sulla torta è la pubblicazione di un comunicato stampa da parte di Cloanto, azienda che detiene la maggior parte dei diritti sul software Commodore e Amiga. Cloanto afferma che Canigiani e CBM non possono commercializzare alcuno smartphone con emulatori del software Commodore in quanto non detengono i diritti e le licenze per farlo. Anche quello che era il vero punto di forza del Commodore Pet, nonché la sua unica attrattiva e motivo per acquistarlo, viene quindi a mancare. Abbiamo contattato Cloanto a riguardo e aggiorneremo l’articolo in caso di risposta.

Nello stesso comunicato di CBM viene riportato che “Commodore Business Machines Ltd desidera rassicurare i suoi clienti, partner, la stampa e i fan che tutte le attività in corso procederanno regolarmente come pianificato, e non subiranno alcuna variazione o ritardo a causa di questa circostanza.” Affermazione che risulta poco credibile anche a chi conosce poco di diritto commerciale e di proprietà intellettuale: il blocco alle vendite del Pet sarà pressoché immediato una volta che la registrazione sarà, con ogni probabilità, respinta.

Che cosa rimane quindi di Commodore Business Machines Ltd. e del suo Commodore Pet? Nulla. Come tanti hanno notato, il sito di CBM non riporta informazioni di base come partita IVA e sedi dell’azienda; non ci sono mai stati i presupposti per credere ad una manovra commerciale seria e volta a riportare in auge il nome Commodore. Da quali magazzini sarebbero stati spediti i prodotti? Dove sarebbero stati? Quali sarebbero stati i tempi di commercializzazione e consegna? Mistero. Si è trattato, nel caso migliore, di un tentativo di un vecchio appassionato di portare in vita un sogno; nel caso peggiore, questo è stato l’ennesimo tentativo di “fare i furbi” all’italiana a cui avremmo volentieri rinunciato.

Ora che tutto il castello di carte è crollato, rimangono solo fiumi di parole spesi dai “detrattori” e dai sostenitori di un’azienda che, di fatto, è fantasma e non ha mai realmente fornito i presupposti per risultare credibile e affidabile. Peccato: sarebbe stato bello poter sfoggiare uno smartphone Commodore. Come per BeOS, webOS e tanti altri nomi illustri nel mondo dell’informatica, però, certe cose appartengono (ahimé) al passato e tali devono rimanere.