Abbiamo passato gli ultimi anni a ricordare che il numero dei megapixel di una fotocamera non sono tutto, questo per giustificare la retromarcia intrapresa qualche anno fa dai vari produttori quando, dai sensori da 20-40 megapixel si è tornati a “semplici” sensori da 12 megapixel. Tale affermazione resta assolutamente vera ma allora perché è ripartita la corsa ai megapixel sulle fotocamere degli smartphone?

Avrete sicuramente letto recentemente di smartphone con 48 megapixel, 64 megapixel e chi addirittura 108 megapixel (come il nuovo Samsung Galaxy S20 Ultra), ben lontani dai 12 megapixel a cui oramai eravamo abituati, e la risposta è una sola: pixel binning.

Cos’è il Pixel Binning

Ne abbiamo già parlato e accennato in passato, a partire da POCOPHONE F1 e da Honor View20 quando questa tecnica, perché di questo si tratta, è stata traslata dalle fotocamere agli smartphone. Il pixel binning infatti nasce nel campo della fotografia e per comprenderla dobbiamo fare alcuni passi indietro e più precisamente un excursus tecnico su come lavorano i sensori fotografici.

Cosa sono i Pixel di un sensore fotografico

Un sensore fotografico è sostanzialmente composto da “fotositi” (dei micro-sensori) che hanno il compito di convertire la luce che li colpisce (fotoni) in carica elettrica (elettroni). Ciascuno di questi corrisponde ai “pixel” di un sensore fotografico e sono composti da fotodiodo e filtro (a schema bayer, RGB) così da renderli sensibili solo a una certa gamma di colore. Ciascun fotosito viene poi “tradotto” in un pixel dell’immagine registrata (adoperando tecniche di interpolazione per sopperire alla perdita di informazioni dovuto proprio al filtro) ed è per questo motivo che un sensore fotografico da 12 megapixel (composto da 12 milioni di fotositi) realizza una fotografia corrispondente di 12 milioni di pixel.

In campo fotografico l’elemento fondamentale è la luce, d’altronde i fotositi non fanno altro che catturare fotoni e possiamo considerarli come dei secchi: più è grande questo fotosito più luce riesce a catturare, più luce riesce a catturare più informazioni vengono raccolte e quindi di miglior qualità sarà la fotografia risultante.

Il limite della lunghezza focale

La riflessione che sorge spontanea è: perché allora non facciamo sensori fotografici con pixel più grandi? Purtroppo non è possibile, almeno non su uno smartphone a causa del limite della lunghezza focale, o distanza focale.

Se si vuole inquadrare un determinato angolo di campo infatti mantenendo una stessa risoluzione (ad esempio per emulare quello di una fotocamera full frame, una sorta di standard), più si ingrandiscono i pixel più si ingrandisce il sensore, ma più si ingrandisce il sensore e più è necessario allontanarlo dalla lente. Sugli smartphone però, che hanno uno spessore medio di 8 mm, non si può andare oltre a una certa soglia che corrisponde a circa 4-5 mm (perché 3-4 mm sono sfruttati da scocca, display e altre componenti elettroniche). Per questo motivo i 12 megapixel che tanto sono andati di moda negli ultimi anni rappresentano il giusto compromesso tra numero di pixel (per avere una risoluzione adeguata in riproduzione su un display 4K) e dimensione dei pixel (1.4 um).

Dato che la coperta è corta, se volessimo aumentare ancor di più la grandezza dei pixel dovremmo necessariamente ridurre la risoluzione del sensore con conseguenti problemi in fase di riproduzione, soprattutto in un mondo orientato verso tv e schermi a 8K. È qui che viene in soccorso il pixel binning.

Come funziona il Pixel binning

Il Pixel binning è una tecnica che si usa in fotografia al fine di combinare il segnale raccolto da più pixel per comporre una sorta di super pixel capace di simulare il comportamento di un pixel più grande. Il funzionamento è semplice: nel caso di un binning 4:1 vengono prelevati i quattro fotoricettori dello stesso colore (rosso, verde, blu) più vicini per comporre un super pixel del medesimo colore, che comporrà un pixel dell’immagine definitiva. In questo modo si aumenta la sensibilità (ovvero rileva i segnali più deboli e riduce il tempo di esposizione) grazie a un rapporto segnale/rumore migliore, sacrificando logicamente la risoluzione.

Facciamo un esempio: un sensore da 48 megapixel con pixel grandi 0,9 um a cui viene applicato un pixel binning 4:1, permetterà di scattare fotografie della risoluzione di 12 megapixel (48/4 = 12) emulando pixel grandi 1,8 um. Allo stesso modo un sensore fotografico da 108 megapixel con pixel grandi 0,8 um a cui viene applicato un pixel binning 9:1, permetterà di scattare fotografie sempre della risoluzione di 12 megapixel ma emulando fotoricettori grandi 2,4 um.

In questo modo abbiamo un duplice vantaggio:

  • in condizione di luce ottimale possiamo scattare fotografie a risoluzione piena e quindi particolarmente definite;
  • in condizioni di luce scarsa interviene il pixel binning registrando foto di qualità a 12 megapixel.

Il contro logicamente è la “perdita di definizione” dovuta alla combinazione stessa dei pixel.

Quali smartphone usano la tecnica del Pixel binning

Se avete in mano smartphone recenti con fotocamere da 32, 40, 48 megapixel o superiori, è altamente probabile che sfruttino la tecnica del pixel binning. Alcuni di questi sono: Redmi Note 7, Xiaomi Mi 9, Honor View20, Huawei Nova 5T, Huawei P30 e Huawei P30 Pro e non da meno lo sono Samsung Galaxy S20, S20 Plus e S20 Ultra che dovrebbe fare un pixel binning su una fotocamera da 108 megapixel.

Solitamente la funzionalità agisce silenziosamente ed è attiva di default quando scattate alla risoluzione di 12 megapixel, nel caso vogliate scattare a risoluzione piena dovrete cercare l’impostazione dedicata fra i vari menu dell’interfaccia.

Insomma, prepariamoci a una nuova rincorsa al numero dei megapixel sui sensori fotografici degli smartphone ma non dimentichiamo che scatteremo comunque a circa 12 megapixel di risoluzione.