Nothing Phone (3) arriva dopo due anni di attesa, un periodo che lasciava immaginare un’evoluzione più netta, più matura, più coraggiosa. Invece, ci si ritrova davanti a uno smartphone che sembra voler generare più domande che certezze. Le scelte progettuali dividono, stimolano il dibattito, e in alcuni casi fanno semplicemente alzare le spalle. Non è un passo indietro, ma nemmeno il salto in avanti che ci si poteva attendere da un flagship nel pieno del ciclo evolutivo. Leggi la recensione di Nothing Phone (3).
Indice:
Video recensione di Nothing Phone (3)
Il design che non ti aspetti, nel bene o nel male
Il Nothing Phone (3) continua a distinguersi per una scelta stilistica che non lascia indifferenti. È uno dei pochi smartphone capaci ancora di generare dibattito, e in questo senso, proprio nella sua polarizzazione, trova una delle sue principali fonti di identità. Il nuovo modulo fotografico asimmetrico, con la lente periscopica spostata su un lato, potrebbe inizialmente sembrare una svista, ma è invece una decisione voluta. Una rottura della simmetria studiata, forse troppo sottile per farsi amare da tutti, soprattutto da quella community che aveva abbracciato l’estetica dei modelli precedenti. E se le prime reazioni sono poco entusiaste, per Nothing potrebbe non essere un dettaglio trascurabile.
Il resto della scocca segue la linea tracciata fin dal primo Phone: texture complesse, dischi concentrici, incisioni e componenti a vista. È un design industriale consapevole, che alterna trasparenze e rigore geometrico con grande coerenza. Anche senza i LED più marcati, mantiene un certo fascino. Tuttavia, al tatto manca ancora qualcosa: quella solidità tattile che distingue un prodotto di fascia alta. La sensazione è buona, ma non ancora da vero top di gamma.
La costruzione rimane comunque robusta: vetro frontale e posteriore, frame in alluminio e certificazione IP68 per la resistenza ad acqua e polvere. Sul fronte viene utilizzato Gorilla Glass 7i, mentre sul retro c’è il più resistente Gorilla Glass Victus. Una scelta discutibile, considerando che il dispositivo è pensato per essere spesso capovolto per sfruttare la Glyph Matrix. Forse avrebbe avuto più senso invertire i due vetri.
Con Nothing Phone (3) cambia radicalmente anche l’approccio all’elemento visivo più iconico della serie. Addio ai LED lineari, benvenuta Glyph Matrix. Si tratta di un piccolo display a matrice composto da 489 LED, incastonato nella parte posteriore e pensato per offrire nuove modalità di interazione. Le funzioni supportate sono numerose: torcia, conto alla rovescia, orologio, specchio per i selfie, avatar personalizzabili per le chiamate, minigiochi come “Spin the Bottle”, plug-in animati e altre micro-funzionalità che strizzano l’occhio alla creatività.
Il controllo avviene tramite un tasto touch aptico integrato nella scocca, una soluzione elegante e ben studiata, che aggiunge un tocco di originalità all’esperienza utente.
Il punto è che, per quanto sia ben realizzata, la Glyph Matrix rimane più una trovata estetica che una reale innovazione funzionale. Le dimensioni contenute limitano l’impatto visivo, e per quanto arricchisca la personalità dello smartphone, non cambia il modo in cui lo si utilizza. Una gimmick affascinante, sì, ma che rischia di essere dimenticata dopo l’effetto “wow” iniziale.
Un piccolo dettaglio curato riguarda il quadratino che si illumina durante la registrazione video, un easter egg per gli appassionati. Sul lato destro trovano posto il tasto di accensione e l’Essential Key dedicato alle funzionalità IA. Hanno texture differenti, ma sono troppo ravvicinati e capita facilmente di attivarli insieme, generando screenshot involontari. Non è un problema grave, ma si poteva studiare un layout più intuitivo.
Infine, il sensore di impronte digitali sotto al display è di tipo ottico. Pur non essendo la soluzione più sofisticata in assoluto, si comporta bene: veloce, preciso e affidabile nell’uso quotidiano.
Il display del Nothing Phone (3) è un pannello AMOLED da 6,67 pollici con risoluzione 1260×2800 pixel, densità di 460 PPI, supporto a HDR10+ e profondità colore a 10 bit. In esterna raggiunge un picco di luminosità di 1600 nit, con un valore tipico di 800 nit. C’è anche un PWM a 960 Hz per ridurre l’affaticamento visivo, dichiarato fino a 2160 Hz, e un touch sampling che arriva a 1000 Hz.
Numeri alla mano, si tratta di un ottimo pannello, senza sorprese, ma anche senza quel guizzo che ci si poteva attendere. La vera anomalia sta nella scelta della tecnologia di base: non è un pannello LTPO, bensì LTPS. Questo significa che il refresh rate si adatta solo tra 30 e 120 Hz a step fissi, senza la fluidità e l’efficienza di una gestione dinamica come quella del modello precedente, che invece era LTPO. Un passo indietro difficile da spiegare, soprattutto in un contesto dove l’ottimizzazione energetica è centrale.
Inoltre, va segnalata una leggera non uniformità del pannello alle basse luminosità, visibile a occhio nudo e ancora più evidente in alcune foto. Si tratta di un difetto non grave, ma che su un prodotto posizionato come flagship può far storcere il naso.
Decisamente più convincente il comparto audio, con speaker stereo potenti e ben calibrati. Non siamo ai livelli dei migliori top di gamma, ma la resa è bilanciata, con una buona presenza dei bassi e una spazialità sonora che rende l’esperienza multimediale soddisfacente.
Snapdragon 8s Gen 4 basta davvero per un flagship?
Sotto la scocca del Nothing Phone (3) batte lo Snapdragon 8s Gen 3, un SoC di fascia alta ma non del tutto in linea con le ambizioni da flagship. Mancano i 3 nanometri, mancano soprattutto i core Oryon presenti nello Snapdragon 8 Elite, che hanno rappresentato il vero salto generazionale per tutti i top di gamma Android del 2025. La piattaforma resta comunque potente e fluida nell’utilizzo quotidiano, ma in un mercato dove i dettagli fanno la differenza, questo processore si posiziona una mezza generazione dietro rispetto ai migliori chip attualmente disponibili.
Sul versante software, però, Nothing ha fatto un passo importante. Nothing OS 3.5, basato su Android 15, è finalmente maturo. L’interfaccia è coerente, pulita, con animazioni fluide e un design riconoscibile. Non si tratta più di una semplice skin, ma di un sistema operativo con una propria identità, che continua a evolversi con intelligenza. Le funzioni non sono numerose, ma quelle presenti sono ben pensate e davvero utili.
Debuttano nuove feature IA come Essential Space, un hub che raccoglie note, screenshot, memo vocali e altri appunti, utilizzando algoritmi on-device per estrarre informazioni, creare to-do list e generare promemoria automatici. Interessante anche Flip to Record, una funzione che sfrutta la Glyph Matrix: basta poggiare il telefono a faccia in giù e tenere premuto per iniziare a registrare, con trascrizione automatica e riconoscimento degli speaker. Il tutto criptato e salvato localmente.
C’è poi Essential Search, una barra universale che permette di cercare ovunque: contatti, file, meteo, eventi, conversioni. Una sorta di Spotlight in salsa Nothing, capace anche di rispondere a prompt semplici in stile ChatGPT, ma basato su un modello proprietario.
Per quanto riguarda gli aggiornamenti, Nothing promette 5 anni di major update e 7 anni di patch di sicurezza. Tuttavia, il dispositivo arriva ancora con Android 15, e con Android 16 e Nothing OS 4 già annunciati per l’autunno, il primo aggiornamento “promesso” sarà in realtà solo un allineamento iniziale.
Capitolo batteria: la cella è da 5150 mAh al silicio-carbonio, ma il dato reale è più interessante. In India, lo stesso modello è certificato per 5500 mAh, e tutto lascia pensare a una limitazione software destinata al mercato europeo, forse per evitare classificazioni doganali più onerose legate al trasporto delle batterie ad alta capacità. Si tratta di una scelta controversa su cui si attendono chiarimenti ufficiali da parte dell’azienda.
Fortunatamente, l’autonomia non delude. Si raggiungono tranquillamente tra le 7 e le 8 ore di schermo acceso con un uso misto. Ottima anche la ricarica: 65W via cavo, 15W wireless, e supporto al reverse charging a 7.5W via cavo e 5W wireless.
4 fotocamere, 50 megapixel, i numeri ci sono
Il comparto fotografico del Nothing Phone (3) è ambizioso sulla carta, ma lascia qualche perplessità nell’uso reale. L’impostazione è da vero cameraphone: quattro sensori da 50 megapixel, ognuno pensato per una funzione diversa, ma con risultati che non sempre convincono.
Il sensore principale è una 50 MP da 1/1.3” con apertura f/1.68, stabilizzazione ottica (OIS) ed elettronica (EIS), e messa a fuoco automatica 2×2 OCL PDAF. Supporta anche uno zoom lossless 1.5x (35 mm) e 2x (48 mm), che estendono la versatilità senza sacrificare qualità. Di giorno restituisce ottimi scatti, con un buon bilanciamento delle luci e una gamma dinamica convincente. Anche di notte riesce a cavarsela grazie alla TrueLens Engine 4 e al supporto HDR esteso, ma con qualche limite nella gestione dei colori più critici.
Il teleobiettivo periscopico è una 50 MP f/2.68 con sensore da 1/2.75”, stabilizzazione OIS/EIS, autofocus e zoom ottico 3x, fino a 6x lossless e 60x AI Super Res Zoom. Sulla carta sembra promettente, ma in pratica soffre di incoerenza nei risultati, soprattutto rispetto al Phone 3a Pro, che monta un sensore più grande. Supporta anche la modalità macro fino a 5 cm, ampliando la versatilità.
La ultra-grandangolare da 50 MP f/2.2, con sensore da 1/2.76” e campo visivo di 114°, è chiaramente l’anello debole del sistema. Non ha autofocus, e le immagini scattate di notte risultano scarse e poco utilizzabili. Di giorno il risultato è accettabile, ma nulla che sorprenda. La fotocamera frontale è anch’essa una 50 MP f/2.2 con lo stesso sensore da 1/2.76”, campo visivo di 81.2° e stabilizzazione EIS. Buona per selfie e videochiamate, anche in movimento, ma senza miracoli.




































































Sul fronte video, il sistema si spinge fino al 4K a 60 fps su tutte le fotocamere, ma con una limitazione fastidiosa: non è possibile cambiare lente durante la registrazione a 60 fps, un vincolo che riduce la flessibilità in fase di ripresa. A 30 fps, invece, si può passare da una lente all’altra, ma la qualità generale, pur buona, non raggiunge i livelli dei migliori flagship. Interessante il supporto alla nuova modalità Ultra XDR, che migliora il contrasto e l’esposizione grazie alla doppia esposizione per fotogramma.
L’esperienza d’uso complessiva rimane da affinare. Si notano micromossi in alcune situazioni, una resa cromatica non perfettamente uniforme tra i diversi sensori e un output che, pur corretto, non riesce a sorprendere. È uno di quei casi in cui la scheda tecnica promette molto, ma il software di elaborazione non è ancora all’altezza per far emergere appieno il potenziale dell’hardware.
La vera cosa da flagship è il prezzo: il Nothing Phone (3) conviene?
Nothing Phone (3) è uno smartphone fortemente identitario, e in questo senso riesce dove tanti altri falliscono: si distingue. Non somiglia a nulla di già visto, propone un’estetica audace e un’interfaccia visiva che rimescola le carte. È un progetto ambizioso, che prova a innovare anche dove non sarebbe necessario. Ma al netto delle buone intenzioni, le contraddizioni non mancano.
Il primo limite è proprio il design: spigoloso, asimmetrico, polarizzante. Se nemmeno la community Nothing sembra apprezzarlo, è lecito porsi delle domande. Per un brand con appena lo 0,4% di market share globale, alienarsi anche una parte dei propri utenti più affezionati potrebbe essere un rischio più che calcolato.
Il secondo punto critico è il prezzo. Si parte da 849 euro, con la versione top che sfiora i 1000 euro. Una soglia che impone aspettative altissime, soprattutto in un segmento dove ogni dettaglio conta. Il pannello LTPS e non LTPO, lo Snapdragon 8s Gen 3 al posto dell’8 Elite, alcune scelte costruttive che faticano a giustificare la collocazione nella fascia alta. E tutto questo in un mercato dove iPhone 16, Galaxy S25, Pixel e la concorrenza cinese offrono alternative più complete e spesso a cifre più contenute. Basta uno sguardo al nostro canale Telegram delle offerte per rendersene conto.
E poi c’è un ulteriore elemento, quasi paradossale: Phone 3a Pro, già sul mercato, costa la metà e nella vita di tutti i giorni offre un’esperienza molto simile. Le differenze ci sono, ma diventano sottili, e fanno apparire il Phone (3) come un esercizio di stile difficile da difendere sul piano della razionalità.
Alla fine, la domanda è inevitabile: vale la pena acquistare Nothing Phone (3)? Ad oggi, no. Il prezzo è troppo alto, almeno 250 euro oltre quello che sarebbe un posizionamento più sensato, quando calerà di prezzo se ne riparlerà perché comunque il prodotto c’è. Anche volendo cercare un target preciso, è difficile identificare il pubblico ideale per questo prodotto. Forse i fan più accaniti del brand, ma non sembra convincere nemmeno loro. O magari chi vuole fare l’alternativo a tutti i costi, e in quel caso, ognuno è libero di seguire la propria estetica.