Come la maggior parte degli eventi del 2020, anche le elezioni presidenziali degli Stati Uniti d’America resteranno nella storia per diversi motivi. A causa della pandemia legata al nuovo coronavirus, che sta attraversando una fase di recrudescenza in tutto il mondo, molti elettori americani hanno preferito il voto postale, consentito dalla legge elettorale americana, a quello di persona.

Questo ha fatto si che lo spoglio dei milioni di voti ricevuti per posta richiedesse più tempo del normale, per cui solamente sabato 8 novembre i principali network televisivi hanno assegnato la vittoria al candidato del partito Democratico Joe Biden, che ha sconfitto in un testa a testa appassionante l’attuale presidente Donald Trump.

Vi starete chiedendo cosa c’entra tutto questo con la tecnologia, ma se avete seguito un minimo le vicende internazionali saprete che nei quattro anni di presidenza Donald Trump ha fatto molto per favorire l’isolazionismo del proprio Paese, facendo della guerra commerciale alla Cina uno dei propri cavalli di battaglia.

Questo ha portato a decisioni clamorose, come il ban commerciale contro Huawei, accusata (senza mai aver fornito prove chiare e convincenti NdR) di spionaggio nei confronti degli Stati Uniti, o più recentemente con la volontà di mettere al bando TikTok e WeChat, colpevoli di appropriarsi dei dati personali dei cittadini americani.

Le cose cambieranno con la presidenza di Joe Biden o rimarranno immutate? Proviamo ad analizzare i possibili scenari, basandoci sulle prime affermazioni fatte dal presidente eletto e su quanto avvenuto invece quattro anni fa in occasione dell’inattesa vittoria elettorale di Donald Trump.

Una politica di distensione

Nonostante il discorso di Donald Trump dopo la vittoria nel 2016 lasciasse trasparire un cauto ottimismo, soprattutto in fatto di politica estera, è sotto gli occhi di tutti il numero di scelte estreme effettuate dal tycoon americano, in guerra commerciale con la Cina, uscito dalla World Health Organization in piena pandemia e fuori anche dal protocollo di Kyoto, solo per citare alcune decisioni particolarmente controverse.

Non si tratta di scelte inattese, visto che al grido di “Make America Great AgainTrump ha iniziato una politica isolazionista che ha giovato al Paese fino a un certo punto. Nel suo discorso di sabato sera, il presidente eletto Joe Biden è sembrato schietto quando ha parlato di distensione, una mossa inevitabile per cercare di unire un Paese spaccato letteralmente in due dopo una delle elezioni più sentite della storia americana.

Anche se resta ancora da capire quanto sarà complessa la transizione tra i due presidenti, con quello uscente che non sembra assolutamente intenzionato a mollare la presa, ma sembra certo che le prime settimane di Joe Biden alla Casa Bianca, sempre che dalle preannunciate battaglie legali non emerga un risultato diametralmente opposto, saranno costellate da ordini esecutivi per cancellare alcune delle decisioni più discusse della precedente presidenza.

Apertura alla Cina?

Quello che però interessa maggiormente gli appassionati di tecnologia riguarda eventuali aperture verso la Cina. In attesa di saperne di più dalla nuova amministrazione americana, dobbiamo affidarci alle valutazioni degli analisti politici, che hanno già formulato diverse ipotesi.

Se dal punto di vista prettamente commerciale potrebbero esserci delle aperture, con un alleggerimento dei dazi tra i due Paesi, non è così scontato che per le compagnie tecnologiche l’arrivo di un nuovo presidente coincida con la fine dei problemi. Anche il Partito Democratico americano ha da tempo espresso perplessità sulla sicurezza garantita dalle compagnie cinesi, per cui alcune restrizioni potrebbero rimanere in vigore. Una politica di distensione non porterà di sicuro a un allentamento della sicurezza, in un periodo in cui gli attacchi informatici sono all’ordine del giorno.

Se dunque gli analisti prospettano un sostanziale riavvicinamento tra i due Paesi, il rapporto che difficilmente tornerà a essere quello pre-Trump. Sembra più probabile che Biden pensi ad alleanze strategiche che possano sostenere gli interessi degli USA in Asia.

Va detto che mai come in questo periodo gli americani hanno una bassa opinione della Cina: solo il 22% infatti ha una opinione positiva sul Paese asiatico, un dato che rappresenta un minimo storico. Lo stesso Biden ha riconosciuto che vanno contrastate le politiche commerciali scorrette, che garantiscono un vantaggio sleale alla Cina, con il rischio di danneggiare il settore tecnologico e la proprietà intellettuale delle imprese americane.

La soluzione per il presidente eletto sarà quella di fare fronte comune con le istituzioni europee, solitamente chiuse nel dialogo con Pechino, per agire in modo compatto. “La Cina non è nella posizione di permettersi di ignorare più di metà dell’economia globale”, queste le parole di Biden sulla vicenda. Un Biden che però farà le sue scelte in modo ragionato e logico, senza lasciarsi andare a scelte impulsive spesso in controtendenza rispetto alle precedenti.

Bisogna però sottolineare come le scelte dell’amministrazione Trump non siano state digerite dalle compagnie della Silicon Valley, che nel 2019 ha perso miliardi di dollari per quella che viene considerata una politica scellerata, che potrebbe costare altre consistenti perdite nell’immediato futuro.

Cosa potrebbe cambiare per le compagnie cinesi?

Difficile dunque capire quale sarà l’evoluzione della situazione per le compagnie cinesi. Se per WeChat e TikTok le cose potrebbero decisamente ammorbidirsi, fermo restando una maggiore trasparenza nel trattamento dei dati degli utenti, per Huawei le cose non sembrano destinate a cambiare in maniera radicale.

È proprio il colosso cinese a preoccupare maggiormente gli appassionati, che temono di veder danneggiata una delle compagnie che ha maggiormente innovato in campo smartphone, soprattutto per quanto riguarda le tecnologie di rete.

È tuttavia possibile che il Governo decida di ammorbidire le sanzioni, almeno per quanto riguarda la telefonia mobile. Se da una parte gli Stati Uniti si guarderanno dal permettere a Huawei di fornire prodotti per le infrastrutture di rete, dall’altra parte dovranno essere fatte delle valutazioni economiche.

Già in passato l’ala più moderata del partito repubblicano aveva ventilato l’ipotesi che fosse più semplice per le compagnie americane lavorare con Huawei per quanto riguarda la fornitura di componenti destinati alla telefonia mobile, soprattutto per evitare ingenti danni all’economia, vista la perdita di fatturato non certo trascurabile.

Dovrebbero quindi restare le sanzioni contro Huawei, almeno per la parte dedicata alle infrastrutture di rete, ma potrebbero essere concesse delle deroghe di più ampio respiro, o delle speciali licenze, per quelle compagnie che seguono in sostanza il mondo Android. Basti pensare a Google e Qualcomm, solo per citare i brand più famosi, ma anche alla possibilità di utilizzare le tecnologie ARM per tornare a produrre in autonomia i propri processori.

È dunque possibile che, almeno sul fronte Google, gli Stati Uniti possano fare marcia indietro, resta da capire se a questo punto Huawei sarà ancora interessata alla cosa. Se dal punto di vista produttivo al colosso cinese servono le licenze della tecnologia americana per andare avanti, dal punto di vista software le cose sono leggermente diverse.

Dopo un periodo iniziale di disorientamento, in cui gli utenti occidentali hanno dovuto fare i conti con l’assenza dei servizi Google, le cose stanno lentamente cambiando, grazie agli enormi investimenti di Huawei nei propri servizi HMS. Per il mondo della telefonia mobile potrebbe quindi prospettarsi un nuovo concorrente, visto anche l’imminente debutto di HarmonyOS, che potrebbe portare a una maggiore competitività in un mercato dominato dal duopolio Android/iOS, trasformando l’azione di Trump in una spada di Damocle.

Huawei si è sempre detta pronta a tornare a offrire i servizi Google qualora il governo americano ci ripensasse, ma visti gli ingenti sforzi economici profusi nell’ultimo periodo è probabile che una “sentenza” definitiva sul rapporto con Google sarebbe solo il minore dei mali.

Al momento comunque si tratta solo di supposizioni effettuate da analisti di mercato e dovremo attendere i primi mesi del 2021, dopo che Joe Biden si sarà effettivamente insediato alla Casa Bianca, per capire quale sarà l’evoluzione di una situazione tutt’altro che semplice da risolvere.