Google ha appena investito 60 milioni di dollari nella compagnia cinese Mobvoi, specializzata in Android Wear e con la quale il colosso di Mountain View aveva già collaborato per fornire il supporto vocale in cinese per Android Wear. In questo modo Big G acquisisce un pacchetto di minoranza della società cinese specializzata in software per l’intelligenza artificiale.

Non tutto sembra però andare per il meglio nel continente asiatico, visto che potrebbe partire dalla Corea del Sud una “crociata” contro Google e gli altri colossi della tecnologia, rei di eludere le tasse grazie a delle abili scappatoie. È stata infatti approvata la cosiddetta “Google Tax” che dovrebbe obbligare società come Google, Amazon o Apple a versare una parte dei loro guadagni agli paesi in cui operano.

La situazione in corea è abbastanza preoccupante, visto che nel corso del 2013 4752 compagnie straniere sulle 9532 operanti nel Paese non hanno versato un solo centesimo in tasse, grazie al cosiddetto BEPS (Base Erosion and profit Sharing) che permette di spostare i guadagni in paesi che adottano politiche fiscali molto accomodanti.

La Corea del Sud non è il primo paese a pensare alla Google Tax anche se quasi certamente sarà la prima a farla entrare in vigore, quasi certamente entro la fine del 2015. Sui prospettano quindi tempi duri per tutte quelle società che finora hanno realizzato profitti astronomici grazie ad alcuni trucchi fiscali che hanno permesso loro di non pagare alcuna tassa, o comunque una percentuale risibile.

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