L’FBI vuole avere l’accesso completo ai messaggi di WhatsApp, ma l’azienda si rifiuta poiché impossibilitata a farlo. In realtà, WhatsApp è solo l’ultimo dei bersagli dell’FBI che nei giorni scorsi ha messo nel mirino Apple, la quale è stata supportata da altri colossi del settore.

L’attacco del noto ente investigativo a WhatsApp (posseduto da Facebook) ha avuto origine in seguito ad un caso analogo a quello del terrorista di San Bernardino, ma fortunatamente, questa volta non sono coinvolti i terroristi. Quando il giudice ha approvato l’intercettazione telefonica di uno dei sospettati, gli investigatori si sono ritrovati con le mani legate a causa della crittografia di WhatsApp. 

Per questioni di privacy, le conversazioni su WhatsApp (e di molti altri servizi di messaggistica istantanea) sono tenute al sicuro grazie alla crittografia: un metodo che permette di offuscare i messaggi inviati e ricevuti a tutti coloro che non siano il mittente o il destinatario. Neanche WhatsApp stessa può visualizzare i messaggi visto che sui loro server arrivano già crittografati. Questo risulta un enorme problema per l’FBI ed altri enti investigativi ai quali farebbe comodo accedere ai messaggi delle vittime e dei sospettati di numerosi casi criminali. D’altro canto, le aziende non vogliono perdere la fiducia degli utenti che sono sempre più gelosi della loro privacy.

Sull’argomento si potrebbe scatenare un dibattito senza fine: è più importante la nostra privacy o la sicurezza? La verità è che la privacy cessa di esistere ovunque ci sia uno smartphone o qualsiasi altro dispositivo tecnologico.

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