Google ha avviato il rilascio di un nuovo sistema di verifica dell’età per gli utenti del Play Store, seguendo un modello simile a quello già adottato per YouTube. Una scelta che ripropone il dilemma su qual è il confine che separa la necessità di colossi come Google di garantire (anche in conformità con normative sempre più stringenti) la sicurezza dei servizi e la tutela della privacy degli utenti. Due elementi centrali che sono sempre più difficile da perseguire simultaneamente.
Indice:
Perché Google ha introdotto questo nuovo sistema
⚠ Google has started rolling out age verification for the Google Play Store, which you can do here: https://t.co/MJpZAGM4B3.
Supportive methods are:
– uploading an ID
– taking a selfie
– using a credit card
– using a 3rd-party https://t.co/ogey8UJ8vN serviceIn my experience,… pic.twitter.com/5dVYkAhdx7
— Artem Russakovskii (@ArtemR) October 27, 2025
Il nuovo sistema di verifica dell’età introdotto per Google Play Store ha l’obiettivo di assicurare che chi scarica determinate app e contenuti abbia effettivamente compiuto 18 anni. Il sistema non si basa più sulla semplice autodichiarazione, ma impone una verifica attraverso uno dei metodi messi a disposizione, tra cui l’uso di un documento d’identità, un selfie, una carta di credito o un servizio esterno come Verifymy.io.


Questa decisione non è improvvisa, ma fa seguito alle nuove leggi statunitensi che entreranno in vigore a partire dal 2026, in stati come Texas, Utah e Louisiana. Queste normative richiedono che le piattaforme digitali non solo verifichino l’età dei propri utenti, ma siano anche in grado di trasmettere ai singoli sviluppatori informazioni come la fascia d’età e, nel caso di minori, l’eventuale approvazione dei genitori. Google ha spiegato che queste regole impongono responsabilità significative agli store digitali, che dovranno collaborare con gli sviluppatori per offrire esperienze adeguate all’età degli utenti.
Per rispondere a queste esigenze, Google ha messo a disposizione degli sviluppatori una nuova API chiamata Play Age Signals. Questo strumento, attualmente in fase di test, consente di ottenere informazioni sull’età degli utenti in modo parziale e rispettoso della privacy, evitando la raccolta diretta di dati personali. Allo stesso tempo, per gli utenti è possibile scegliere tra diverse modalità di verifica. Il servizio Verifymy.io, per esempio, si basa sull’indirizzo email e sull’attività digitale pregressa per stimare l’età dell’utente, senza necessità di documenti o dati biometrici. Quando l’email non fornisce informazioni sufficienti, il sistema invita a utilizzare altri metodi disponibili, come il riconoscimento facciale o il caricamento di un documento.
Segui Google Italia su Telegram, ricevi news e offerte per primo
Una scelta che non convince tutti del tutto
Sebbene la scelta di Google sia motivata dalla necessità e volontà di tutelare i minori e adattarsi alle nuove regole legislative, il sistema non ha mancato di suscitare critiche. Molti utenti lamentano una procedura percepita come eccessivamente intrusiva, tanto che alcuni segnalano di essere stati identificati erroneamente come minorenni (qualcosa di simile è accaduto anche con il sistema AI di Ricerca Google), trovandosi costretti a fornire documenti sensibili per accedere a contenuti destinati a un pubblico adulto. I timori principali riguardano la protezione della privacy, la conservazione dei dati e i potenziali rischi legati a eventuali fughe di informazioni.
Nonostante queste preoccupazioni, l’implementazione continuerà nei prossimi mesi con un rilascio graduale che potrebbe variare da Paese a Paese. In alcune regioni, il sistema potrebbe non essere attivo oppure proporre modalità di verifica differenti, in base alla disponibilità dei servizi locali.
Il contrasto alla criminalità senza sacrificare la privacy
Il problema non è di facile soluzione, basti ricordare quanto accaduto a Telegram a partire dall’estate dello scorso anno e più recentemente quanto sta facendo discutere la proposta di legge europea sul controllo delle chat. Telegram è stata per anni un’applicazione di messaggistica che, a differenza di altre, prevedeva meno controlli. Aspetto che l’ha resa celebre e molto apprezzata, ma anche utilizzata per attività illecite, tanto da coinvolgere legalmente anche lo stesso CEO Pavel Durov. Similmente, con il sacrosanto obiettivo di contrastare la pedofilia online, l’Unione Europea vuole varare una proposta di legge grazie alla quale ogni messaggio o contenuto multimediale scambiato sulle varie piattaforme di comunicazione (messaggi, email, social, eccetera) venga letto da un algoritmo così da rilevare tempestivamente attività illecite.
Senza voler necessariamente aderire a visioni distopiche e complottiste, è evidente che un controllo così invasivo rischia di compromettere la privacy delle persone. Il rischio, nel tentativo di colpire chi agisce nell’illegalità, è quello di sottoporre la totalità degli utenti a una sorveglianza costante e poco trasparente. La sfida, quindi, è trovare un punto d’equilibrio tra il dovere di proteggere i cittadini da gravi reati e il diritto di ognuno a comunicare in modo riservato.

