Durante le settimane trascorse in compagnia di Huawei FreeBuds Studio è cresciuta la consapevolezza che scriverne diversi mesi dopo la presentazione non fosse un male. Tutt’altro. Le Huawei FreeBuds Studio, di fatto l’adattamento circumaurale degli auricolari Huawei FreeBuds Pro (che abbiamo già recensito), sono calate di prezzo anche nei canali ufficiali, e i 230 euro circa che bastano oggi per portarsele a casa le fanno competere in una fascia di mercato diversa rispetto a quella del debutto, in cui hanno parecchi argomenti per porsi come valida alternativa ai prodotti di aziende ben più conosciute nell’ambiente.

Ci vengono in mente Bose, Sennheiser, JBL ma soprattutto Sony, che nel tempo si è affermata come monarca della categoria delle cuffie wireless con cancellazione attiva del rumore. I pregi ed i difetti di Huawei FreeBuds Studio assumono una dimensione a 300 euro, un’altra a 230. Il prezzo determina dunque due recensioni diverse, e se al lancio avessimo potuto decidere quando raccontarvele sapendo del calo di prezzo, avremmo scelto di farlo adesso.  

Dotazione, qualità costruttiva e comfort di Huawei FreeBuds Studio

La confezione delle Huawei FreeBuds Studio contiene esattamente ciò che ci si aspetta, ossia la manualistica, un cavo USB-A – USB-C ed anche una custodia di buona fattura per evitare di rovinarle quando non utilizzate. All’interno di quest’ultima c’è anche un pratico vano per riporre il cavetto di ricarica: sì perché in maniera anche poco comprensibile il cavo USB-C non può essere utilizzato per ascoltare musica ma solamente per trasferire energia, e questa a nostro avviso non è una pecca di poco conto per un prodotto che con il suo nome, Studio, se non evoca un ascolto in “studio” suggerisce quantomeno un’esperienza di alta qualità nei pressi di un amplificatore di buon livello. Ed il rammarico è duplice poiché, come diremo poi, queste Huawei FreeBuds Studio suonano sorprendentemente bene.

La colorazione Gold delle Huawei FreeBuds Studio in prova non è quella che avremmo scelto se avessimo potuto, ma i gusti son gusti e in barba alle nostre (discutibili) preferenze va detto che la gradazione scelta dai designer Huawei è parecchio azzeccata: la Gold non è appariscente, è piuttosto una sobria interpretazione del color oro tagliata su coloro a cui non dispiace sfuggire ai canoni classici del nero (l’altra colorazione disponibile) ma vuole farlo con discrezione, la stessa che traspare dal design progettuale di queste cuffie over ear improntato alla semplicità ed al minimalismo.

I materiali impiegati sulle Huawei FreeBuds Studio sono di livello molto buono. La costruzione è solida e danno la sensazione che se dovessero sfuggire di mano resisterebbero senza problemi ad una caduta. Non sono impermeabili ma non ci saremmo aspettati che lo fossero. I padiglioni auricolari e l’archetto sono bene imbottiti e in morbida simil pelle, mentre le restanti componenti sono in alluminio (sempre piacevole da sfiorare) laddove le esigenze progettuali non imponessero scelte differenti: la struttura ovale su cui sono ancorati i padiglioni (dove per inciso il dito non cade spesso) è di plastica per garantire adeguata ricezione alle due antenne, ma il fatto che ci si metta un po’ a capirlo suggerisce che sulla scelta del polimero non si è scesi a compromessi in termini di qualità percepita.

Le Huawei FreeBuds Studio non sono solamente piacevoli al tatto e alla pelle, ma anche da indossare. L’archetto è ampiamente regolabile in modo che possa aderire alle forme di chi le indossa e rigido quel tanto che basta per non dar fastidio, il peso di poco superiore ai 250 grammi le rende quasi inavvertibili e nel complesso il comfort perdura anche dopo diverse ore di utilizzo. I padiglioni non imprimono molta pressione sulla testa quindi l’area a contatto con le cuffie non scalda eccessivamente, anche se – ci rendiamo conto – non è la stagione propizia per fare questo genere di valutazioni. Tuttavia le premesse per immaginare che risultino comode anche d’estate ci sono tutte. Inoltre sono ben salde: certo non ci si può correre, ma una volta regolato l’archetto rimangono in posizione anche scuotendo la testa o inclinandola. Merito, a nostro avviso, di una distribuzione dei pesi azzeccata, di padiglioni dimensionati in modo corretto e di una simil pelle di buona fattura.

I pochi pulsanti (tre) servono per gestire le modalità (ANC e Awareness, nel padiglione di sinistra), per accendere le cuffie e per il Bluetooth (nel padiglione destro), mentre i restanti controlli sono demandati alla superficie touch del padiglione destro, una soluzione che abbiamo apprezzato per comodità e reattività ai comandi. Diversamente da quanto (non) indicato sul manuale d’istruzioni con un tocco prolungato si può richiamare l’assistente vocale, tanto su Android che su iOS.

L’autonomia è in linea con quanto dichiarato, e vanno fatti i complimenti all’azienda per i passi avanti fatti su questo fronte tramite gli aggiornamenti software poiché leggendo le recensioni pubblicate al momento della presentazione pare che fosse inferiore al dichiarato. Con il volume impostato al 50%, siamo sulle 20 ore di riproduzione con cancellazione del rumore e intorno alle 24 senza. Inoltre, grazie alla ricarica rapida, con appena 10 minuti di ricarica si ottengono fino ad 8 ore di riproduzione senza ANC, mentre occorre un’ora per la ricarica completa.

Qualità audio ed in chiamata di Huawei FreeBuds Studio

Decisamente buona la prima per Huawei, azienda nata con le apparecchiature di rete e poi affermatasi tra i migliori produttori di smartphone e derivati, e che adesso per via del ban USA è costretta a reinventare almeno una parte del suo business. E se quello degli auricolari era avviato da un po’, peraltro con buoni risultati, quella delle cuffie è un’esperienza inedita e potenzialmente rischiosa.

Huawei con FreeBuds Studio, che vale la pena di sottolinearlo rappresentano il primo tentativo di accesso in un settore dominato dai grandi nomi ed in cui la qualità audio oltre una certa soglia di prezzo fa la differenza, riesce ad offrire un’ottima esperienza di ascolto su cui, a dire il vero, non avremmo scommesso. Almeno non a questi livelli. Dimenticate il suono incentrato sulle basse frequenze tipico di Bose che ci saremmo aspettati su queste Huawei FreeBuds Studio, banalmente poiché con le basse frequenze in genere si tira a sé la fetta maggiore di pubblico, un pubblico perlopiù giovane che ascolta hip hop, rap, pop o musica elettronica.

Huawei FreeBuds Studio non è quel genere di prodotto. Fa dell’equilibrio la sua dote migliore ed offre un audio composto e ordinato, con frequenze percettibili su tutto l’ampio spettro dichiarato dalla casa, tra i 4 Hz ed i 48 kHz. Per questo è vivo il rammarico di non aver potuto provarle con una connessione cablata, e pure quello di non aver potuto sperimentare il codec audio L2HC ad alta risoluzione sviluppato da Huawei che supporta fino a 960 Kbps, per intenderci tre volte le informazioni della miglior compressione di Spotify Premium. Il codec proprietario viene preferito ai classici SBC e ad AAC solo se le cuffie vengono connesse ad uno smartphone Huawei con EMUI 11, quindi di fatto si tratta di un requisito necessario per chi volesse ascoltare musica minimizzando le perdite dovute alla compressione e di un limite importante per chi le utilizza con qualsiasi altra sorgente.

È l’equilibrio, come detto, a farla da padrone. Sia per quanto riguarda il volume massimo, molto alto ma non da dar fastidio, sia sullo spettro di frequenze, dove le alte risultano molto pulite, le medie ben bilanciate e le basse mai prepotenti. Ecco, proprio sulle basse frequenze non va confuso l’equilibrio “british” delle Huawei FreeBuds Studio con un’eventuale assenza dei bassi: sono ben presenti e l’ascolto con di un brano ad hoc, come Little Swing di AronChupa, non lascia dubbi, ma non sovrastano le altre frequenze come accade troppo spesso altrove né alla lunga affaticano l’ascolto. Forse talvolta si potrebbe desiderare un po’ di calore in più nella riproduzione delle voci, ma è un voler cercare il pelo nell’uovo su un prodotto che, in rapporto al prezzo attuale o anche di listino, di lacune evidenti non ne ha. Tra i brani ascoltati ci ha impressionati la resa di Old Man, in cui si ha la sensazione di avere a pochi centimetri dall’orecchio le corde della chitarra acustica di Neil Young, il calore di Rock Me Baby di BB King ed Eric Clapton, o ancora di essere sul palco del Nokia Theatre con John Mayer durante l’esecuzione di Free Fallin’.

La cancellazione attiva del rumore (ANC) stupisce in positivo grazie agli otto microfoni dedicati, due per lato: nasconde le basse frequenze, specie se costanti, fino quasi ad annullarle, mentre attutisce le alte. L’effetto finale è un isolamento discreto, “invisibile”, per nulla artificiale. Volendo fare una stima diremmo che smorza il 40% dei rumori ambientali mentre un altro 20-30% è da attribuire alla soppressione naturale, “passiva” che deriva dalla conformazione over ear dei padiglioni, quindi ottenibile pure indossandole da spente. Le Huawei FreeBuds Studio possono benissimo essere utilizzate per passeggiare – naturalmente senza ANC – dal momento che lasciano sufficientemente vigili su ciò che avviene intorno, ed è comunque possibile ricorrere alla modalità Awareness (“consapevolezza”) che porta in cuffia gli input ambientali o solamente le voci, a seconda di come la si imposti attraverso l’app per Android ed iOS. Apprezzabile il lavoro svolto dal chip per riconoscere la voce di chi le indossa evitando così il fastidio dell’effetto eco. Non è una modalità che abbiamo usato spesso, ma fa piacere sapere di poterlo fare all’occorrenza. Peccato veniale il fatto che le indicazioni vocali sulla modalità selezionata siano disponibili solamente in inglese. Segnaliamo, come specificato dalle FAQ sul portale di Huawei, l’impossibilità di utilizzare in caso di vento sia la modalità Awareness – prevedibile – che ANC.

Sei in totale i microfoni utilizzati in chiamata dal sistema di gestione delle Huawei FreeBuds Studio, quattro esterni e due interni per riconoscere la voce di chi le indossa e scindere così i due flussi sonori per separarli in modo più accurato, così da trasferire all’interlocutore la voce e non i rumori. Il sistema mediamente riesce ad offrire una buona qualità in chiamata: la voce giunge chiara a chi sta dall’altra parte, insieme talvolta a qualche disturbo che riesce ad ingannare microfoni ed algoritmi di soppressione. Bene sì, ma non benissimo. Davvero molto buone stabilità e portata della connessione al cellulare tramite Bluetooth 5.2: buono il lavoro svolto dalle due antenne, con il segnale che rimane stabile anche se ci si allontana di parecchio dalla sorgente frapponendo qualche ostacolo. I dieci metri si superano di slancio.

Funzioni smart di Huawei FreeBuds Studio

L’ambito software è quello in cui ci si aspettava parecchio da Huawei per quel che ha dimostrato negli anni e dove invece si poteva fare di più. La prima è una difficoltà in merito alla quale l’azienda, probabilmente, non ha colpe. Per controllare le Huawei FreeBuds Studio tramite un dispositivo Android è necessaria l’app AI Life in versione 11.0.3.303 o superiore, che sul Play Store di Google non è disponibile: nel momento in cui scriviamo questa recensione c’è solo la 11.0.2.305 pubblicata in agosto dello scorso anno, ovvero quando queste cuffie non erano ancora nate.

L’app dunque non è più stata aggiornata come del resto le altre di Huawei presenti sul Play Store, e le cuffie, con quella versione, non vengono riconosciute. La soluzione è scaricare dapprima lo store Huawei AppGallery e da lì Huawei AI Life che viene aggiornata regolarmente, un iter più lungo del solito al quale alcuni potenziali clienti potrebbero non essere preparati dal momento che spesso il Play Store viene visto come l’unico negozio virtuale da cui scaricare le app su Android.

C’è poco tuttavia da fare, e quel poco Huawei lo ha fatto inserendo nel manuale d’uso un QR code che consente di velocizzare le due operazioni per ottenere l’app funzionante da AppGallery. È però curioso che sull’App Store di Apple ci sia la versione corretta di Huawei AI Life e l’abbinamento tra iPhone e FreeBuds Studio fili liscio come se il ban imposto dagli USA permettesse a Huawei di dialogare con Apple ma non con Google, nonostante siano entrambe americane.

Bene invece che Huawei offra i medesimi settaggi su entrambi gli ecosistemi. Sia gli utenti Android che iOS possono decidere attraverso l’app se attivare o meno l’automatismo – apprezzato e pressoché inappuntabile – che avvia la riproduzione quando si indossa le cuffie e la interrompe quando le si sfila, se attivare l’enfatizzazione delle voci nella modalità Awareness, o impostare la soppressione dei rumori su tre livelli – Comfort, Generale, Ultra – oltre la Dinamica che analizza 200 volte al secondo i rumori ambientali per adeguare di volta in volta e in modo egregio la cancellazione attiva del rumore.

Peccato che l’app di controllo non dia la possibilità di equalizzare l’audio: a nostro avviso l’equilibrio raggiunto dai progettisti con il profilo di serie non merita modifiche, ma trattandosi di una questione di gusti qualcuno potrebbe voler mettere mano alle frequenze, e ciò non è possibile.

Conclusioni su Huawei FreeBuds Studio

In apertura abbiamo “scoperto” parte delle nostre conclusioni sulle Huawei FreeBuds Studio. Un prodotto con cui l’azienda cinese dimostra di poter riuscire in qualsiasi ambito si impegni, anche quello finora inesplorato della riproduzione audio di un certo livello. E la sorpresa risiede proprio qui, dall’inversione delle aspettative che avrebbero dipinto delle cuffie dalla minore resa sonora e dalla maggiore completezza sia hardware che software.

Alla prova dei fatti, le Huawei FreeBuds Studio ci hanno sorpresi per la resa sonora che rimane di gran lunga la loro miglior dote insieme alla presenza puntuale e mai invasiva della cancellazione attiva del rumore, che ripulisce l’ascolto con la discrezione di un maggiordomo. Si fanno apprezzare parecchio pure in termini di qualità costruttiva, di comfort, e di bontà degli algoritmi utilizzati per la gestione delle modalità ANC e Awareness, e ci ha fatto piacere scoprire che tramite gli aggiornamenti software si è riusciti a migliorare un’autonomia che sulle prime era apparsa stentata.

Non possiamo nascondere le nostre perplessità in merito alla disponibilità della versione corretta dell’app AI Life sul Play Store, la delusione per l’assenza di un equalizzatore e in misura maggiore per l’impossibilità di connetterle alla sorgente audio via cavo.

Pecche su cui molti dei potenziali clienti possono passar sopra, specie alla luce di un costo che alle cifre attuali le rende ben più appetibili che al lancio: ai circa 230 euro attuali vale la pena di tenerle in seria considerazione.

Possono essere acquistate sia sullo store di Huawei che su Amazon.