Il mondo della telefonia e dei dispositivi mobile in generale hanno subito una grande rivoluzione negli ultimi 4 anni. Per chi si ricorda com’erano gli antesignani dei nostri smartphone nei primi mesi del 2007, si poteva ricordare di Nokia che dominava il mercato e il suo Symbian, col 63.5% di market share, diffuso su tantissimi dispositivi anche di Samsung, Sony, Motorola e tanti altri; il mondo dei cosiddetti palmari (chi usa più questo termine, oggi?) era diviso tra Research In Motion con i suoi Blackberry, e a distanza Palm coi suoi dispositivi, più altri prodotti di LG e HTC. Windows Mobile si ritagliava una nicchia importante.

L’artefice di questa grande rivoluzione è stato, inutile farci giri di parole, Apple con l’introduzione nei giochi del suo primo iPhone. Era un telefono molto limitato come potenzialità, e neppure originale nel design e nell’hardware, ma grazie all’introduzione di concetti d’uso innovativi e ad una politica marketing molto efficace ha avuto un successo sempre più dirompente ed ha cominciato a dettar legge quanto al modo di intendere la telefonia mobile.

Un successo che è diventato incontrastato per tutto il 2010 nel mondo dei tablet, un segmento di mercato non certo nuovo ma rilanciato alla grande da Apple.

Si può ben dire che i concorrenti siano stati colti alla sprovvista da questo nuovo concorrente. Tutti, nessuno escluso, hanno saputo rispondere adeguatamente. Nella maggior parte dei casi si sono avute modifiche marginali al sistema e al mondo che vi ruotava intorno, ma in tutti i casi si sono tradotti in lente agonie fino alla dismissione dei progetti, che si susseguono sino ai giorni nostri. Un destino comune a Symbian, a Windows Mobile, a Palm OS, a BlackBerry OS. Per contrastare Apple ci volevano concetti e sistemi operativi nuovi.

Android è arrivato nel 2008, inizialmente ricalcando le orme di RIM (il neonato OS richiedeva una tastiera fisica e non prevedeva l’orientamento landscape), ma ben presto deviando verso una più completa versatilità che ben si adattava alle nuove sfide poste da iPhone e ai “buchi” lasciati nel mercato dalla sua unica offerta. Si può dire che, nella nuova sfida, Android si è posto all’attenzione mondiale al momento giusto, e pure nel modo giusto: l’apertura del sistema e la facilità dell’introduzione delle nuove app ne hanno decretato il successo presso produttori e utenti.

Ma le alternative? Non sono certo mancate. Microsoft ha riscritto il suo OS mobile da capo, arrivando con due anni di ritardo rispetto ad Android ma guadagnando le fette di mercato dei suoi clienti fidelizzati e stringendo un importante accordo commerciale con Nokia, che ancora deve mostrare i suoi frutti. Ma forse Windows Phone 7, ed in generale gli OS Microsoft, sono gli unici che sembrano avere le potenzialità per tenere testa ad iOS e Android, anche se più che altro in ottica futura.

Sempre da Nokia, si era tentata la strada del sistema operativo open source con Maemo, progetto nato nel 2005 e di derivazione Linux Debian, ma dopo l’N900 la cosa non ha più avuto seguito in ambito smartphone. Maemo si è poi “fuso” con il progetto Moblin di Intel, da cui è nato MeeGo: anche in questo caso un sistema operativo che aveva dato buona prova di sé nelle anteprime è stato usato in un solo telefono, l’N900, e lo sviluppo di MeeGo è stato lasciato alla comunità open source.

Research In Motion ha sempre avuto dalla sua una clientela molto fidelizzata ma sta fallendo nel conquistarsi le nuove generazioni di utenti. Blackberry OS è arrivato alla versione 7 ma è l’ultima evoluzione del sistema storico, che verrà rimpiazzato dal nuovo OS di derivazione QNX che è già in uso nel tablet PlayBook. Tablet che, però, ha avuto uno scarso successo commerciale – circa 500 mila unità – e ancora non ha avuto gli aggiornamenti previsti a maggio (tra cui la ventilata possibilità di eseguire app Android).

Samsung ha tentato a sua volta la strada di un nuovo OS, lanciando bada col suo Wave, telefono dalle ottime caratteristiche hardware non dissimili dal grande successo Galaxy S e proposto in contemporanea ma con l’aggressivo prezzo di 399 euro. Eppure i numeri parlano chiaro: il Wave non ha avuto successo neppure in Corea del Sud (dove Android domina tra gli smartphone con oltre il 95% del mercato) e, dopo il Wave II, bada sarà ora relegato ai soli feature phone di Samsung. (Si “badi” che i Wave nel primo trimestre 2011 hanno comunque venduto più di tutti gli smartphone Windows Phone 7 messi insieme, tanto per dare un’idea delle cifre.)

HP TouchPad. Non c'è stato bisogno che Apple ne bloccasse la vendita.


È notizia recente, invece, che l’ultima vittima di questo gioco al massacro commerciale sia un sistema a sua volta molto apprezzato dalle prime fasi: si tratta di webOS, il sistema operativo dapprima sviluppato da Palm, poi da HP. Si pensava che fosse un sistema promettente, e che avrebbe dato il suo meglio in ambito tablet, ma dopo appena 50 giorni dalla commercializzazione del suo TouchPad, la HP ha deciso di liquidare la (forse poco fruttuosa) sezione di sviluppo di computer, da cui webOS dipende, e di interrompere la produzione di TouchPad già dall’ultimo trimestre del 2011, in seguito anche dello scarsissimo successo sul mercato. La nota catena BestBuy pare sia riuscita a piazzare solo 25 mila TouchPad tra i 270 mila sui suoi scaffali.

Certo, qualcuno può obiettare che webOS può essere rilasciato interamente alla comunità open source e avere ancora qualcosa da dire. Come MeeGo. Ma, senza stare ad illuderci, commercialmente parlando webOS è morto.

Si sta andando a delineare, quindi, sempre di più un mercato dei dispositivi mobile diviso tra tre competitor soltanto: Apple, Google e Microsoft. Tra gli smartphone RIM tiene ancora botta, ma crollando nello share dal 18.7% all’11.7% in un anno, e pochi analisti vedono un futuro in ripresa per la compagnia canadese.

Nei tablet la situazione è ancora più netta: Apple domina il mercato col 61.3%, Android è in forte crescita al 30.1% (si noti: è molto più di quanto aveva previsto il prestigioso Gartner appena 4 mesi fa per la quota di Android nel 2011… e l’anno non è ancora finito), ma per il resto non esistono “feature tablet”, e gli altri concorrenti sono quasi assenti. Microsoft è presente con Windows 7 (non Windows Phone 7) con un 4.6% di market share, RIM ed il suo PlayBook hanno il 3.3%, gli altri solo briciole. E HP ha appena detto: “No, grazie.”

Sembra insomma che ormai ci sia poco o nessuno spazio per altri concorrenti tra gli OS mobile. La stessa Microsoft, col suo ritardo con Windows Phone 7, sembra sopravvivere soprattutto grazie al “peso” dell’azienda e dei suoi accordi commerciali – perché è difficile da digerire un market share sotto il 2% – e Windows 8 è ancora un’incognita. Ci si può chiedere come si potrà evolvere la situazione in un futuro con così pochi competitors quando, da sempre, la concorrenza è riconosciuta come il primo motore dell’evoluzione e dello sviluppo.

Qualcuno ricorderà ancora le parole di Vic Gundotra al Google I/O 2010:

Ricordo il secondo punto di Andy [Rubin, sul perché di Android]. Affermò che se Google non avesse agito, avremmo affrontato un futuro draconiano, un futuro dove un uomo, una compagnia, un dispositivo, un operatore sarebbe stato la nostra unica scelta. È un futuro che non vogliamo.

Not the Future We Want

Non è il futuro che vogliamo. Come siamo arrivati a questo?


A questo punto, si può affermare che poche parole fossero più profetiche. Come sarebbe stato il mondo mobile senza Android? Avrebbe davvero avuto ragione Andy Rubin, o sarebbe prima o poi emersa una valida alternativa?

E, rivoltando la questione, sarà possibile che, dato il dirompente successo di Android (i numeri di Canalys per l’ultimo trimestre sono anche superiori a quelli di Gartner), sia proprio il robottino verde a diventare in futuro “la nostra unica scelta”?