I sensori di impronte sono un metodo veloce e sicuro per proteggere il contenuto dei nostri smartphone, ma in futuro potrebbe non essere così, grazie a quanto sta succedendo negli Stati Uniti.

Avete presente quando, nei film americani, il criminale in manette si appella al Quinto Emendamento? Esso è un articolo della Costituzione statunitense che consente all’imputato di restare zitto per l’intero processo senza essere punito per il proprio silenzio. Ciò include, naturalmente, il diritto di non rivelare password o codici di sicurezza di nessun tipo.

Di conseguenza, appellandosi al Quinto Emendamento, gli inquirenti non potranno avere accesso ai contenuti dello smartphone dell’imputato senza fatica. A quanto pare, tuttavia, essi potranno forzare il sospetto a sbloccare il dispositivo sfruttando gli eventuali sensori biometrici dei device di sua proprietà.

Questo è quanto riportato la scorsa settimana dal Los Angeles Times, che ha raccontato il caso di una donna, Paytsar Bkhchadzhyan, accusata di furto d’identità: le forze dell’ordine le hanno ordinato di rimuovere il blocco dal suo iPhone ed ella ha dovuto eseguire. Il ragionamento dietro questa azione è semplice: se l’imputato può non fornire codici o password (che sono considerati una sorta di “proprietà intellettuale”, dunque non estorcibili), la situazione, nel caso di sangue o impronte digitali, cambia radicalmente.


Cerchiamo di spiegare meglio questo passaggio. La premessa è che, dal 2014, gli inquirenti hanno bisogno di un mandato per indagare sulle proprietà del sospettato, smartphone compresi. Tuttavia, essi sono anche autorizzati a prelevare le impronte digitali. Tanto basta, dal punto di vista della legge, per poter avere accesso ai contenuti presenti in smartphone, tablet e altri dispositivi dotati di sensori biometrici.

Le fazioni che si scontrano su questo argomento sono due: la prima sostiene che, poiché uno smartphone può contenere le prove dell’eventuale reato (distruggibili dunque facilmente dall’imputato), sia giusto che le forze dell’ordine possano avervi accesso anche senza mandato. Al contrario, i sostenitori della privacy argomentano che porgere il dito contro la propria volontà sia una violazione del Quinto Emendamento, perchè l’atto è considerato equivalente a comunicare il codice o la password.

Vedremo come andrà avanti la vicenda, soprattutto con l’aumentare della diffusione degli scanner biometrici, nel frattempo dite la vostra: siete disposti a rinunciare a una parte di libertà in cambio di più sicurezza?

Via