Una bomba è appena esplosa nel mondo della tecnologia: gli schermi OLED dei nostri smartphone potrebbero essere molto più dannosi di quanto pensassimo. Non si tratta di allarmismi o speculazioni, ma di una ricerca scientifica appena pubblicata che sta facendo discutere l’intero settore.
Gli schermi dei nostri smartphone ci stanno facendo male? Una nuova ricerca fa tremare i polsi
Il Pacific Northwest National Laboratory ha messo sotto la lente d’ingrandimento la tecnologia PWM (Pulse Width Modulation), quel sistema che regola la luminosità dei display OLED attraverso una rapidissima accensione e spegnimento dei pixel (qui trovate il nostro approfondimento). E quello che hanno scoperto non è per niente rassicurante.
Pensate che i 480 Hz di frequenza PWM utilizzati da Samsung e Apple nei propri top di gamma siano sufficienti? O i 240 Hz dei Google Pixel? Ebbene, secondo i ricercatori questi valori sono drammaticamente insufficienti. Per evitare effetti negativi sulla salute, servirebbe una frequenza di almeno 2400 Hz, un valore cinque volte superiore a quello attualmente implementato dai big del settore.
Ma facciamo un passo indietro: perché questa ricerca è così importante? Tutto ruota attorno al modo in cui percepiamo la luce dei LED. Mentre i ‘vecchi’ display LCD o le lampadine a incandescenza avevano una transizione “morbida” tra accensione e spegnimento, i LED moderni passano bruscamente da uno stato all’altro. È come se i nostri occhi fossero sottoposti a un continuo bombardamento stroboscopico, anche se non ce ne rendiamo conto consciamente.
La cosa più preoccupante è che, a differenza di ciò che si potrebbe pensare, non sono solo le persone particolarmente sensibili a risentirne. Lo studio ha coinvolto un ampio campione di utenti, e anche tra coloro che non soffrono di emicranie o problemi visivi, il 17% ha manifestato sintomi come affaticamento oculare, mal di testa e disorientamento. Una percentuale che sale al 64% tra chi è già predisposto a questi disturbi.
Curiosamente, mentre i colossi occidentali sembrano ignorare il problema, alcuni produttori cinesi hanno già corso ai ripari. Vivo, per esempio, nel suo X100 Pro ha implementato proprio quella frequenza di 2400 Hz che la ricerca indica come minima per la sicurezza. OnePlus e Motorola hanno fatto di meglio, adottando il DC dimming, una tecnologia che elimina completamente il problema del flickering.
La questione solleva interrogativi importanti: ad esempio, perché Samsung, Apple e Google continuano a utilizzare frequenze potenzialmente dannose? La risposta potrebbe essere legata a compromessi tecnici o di costo, ma di fronte a evidenze scientifiche così robuste, quanto è eticamente accettabile privilegiare altri aspetti rispetto alla salute degli utenti?
Nel frattempo, chi è particolarmente sensibile a questi problemi potrebbe dover rivalutare le proprie scelte d’acquisto, optando per smartphone che rispettano il requisito minimo di frequenza PWM per la sicurezza, emerso dalla ricerca.
La palla ora passa ai grandi produttori: continueranno a ignorare questi dati scientifici o finalmente decideranno di mettere la salute degli utenti al primo posto? Nel frattempo, la prossima volta che passerete ore davanti al vostro smartphone e avvertirete quel fastidioso mal di testa, saprete che potrebbe non essere solo colpa del troppo tempo passato davanti allo schermo.