Il Parlamento europeo, contro l’obsolescenza, vota il diritto alla riparazione

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Nella giornata di giovedì, il Parlamento europeo ha votato e adottato le proprie richieste in merito alla proposta della Commissione sul “diritto alla riparazione” dei consumatori, descritta come un’iniziativa UE chiave per il 2022.

Il legislatore comunitario mira a definire l’obsolescenza come una pratica commerciale sleale e evidenzia come il nuovo diritto «dovrebbe includere prodotti di lunga durata che possono essere riparati, una migliore etichettatura e l’estensione della garanzia».

Contesto

La questione è sul tavolo ormai da anni: gli eurodeputati hanno adottato due risoluzioni che contengono una serie di proposte; inoltre, il diritto alla riparazione viene inquadrato come pilastro fondamentale dell’agenda per l’economia circolare e la Commissione ha già annunciato di voler presentare una proposta di modifica della direttiva sulla vendita dei beni e sta valutando la possibilità di proporre un atto legislativo distinto sul diritto alla riparazione nel terzo trimestre del 2022.

Le nuove richieste arrivano anche in seguito ad un sondaggio Eurobarometro del 2020, che ha dimostrato che: il 79% dei cittadini dell’Unione ritiene che i produttori dovrebbero essere tenuti a semplificare la riparazione dei dispositivi digitali o la sostituzione dei singoli componenti, mentre il 77% preferirebbe riparare i propri dispositivi anziché sostituirli.

Venendo ai fatti più recenti, gli eurodeputati hanno assunto una posizione molto chiara sulla questione: «un diritto alla riparazione efficace dovrebbe coprire il ciclo di vita dei prodotti, tra cui la progettazione, i principi etici fondamentali della produzione, l’armonizzazione dei protocolli di valutazione e l’informazione ai consumatori, compresa l’etichettatura sulla riparabilità. Dovrebbe inoltre promuovere un utilizzo delle risorse più efficiente e sostenibile, la riduzione dei rifiuti e un più ampio utilizzo e riutilizzo dei prodotti».

Dal momento che si tratta di richieste adottate dal Parlamento europeo, ci troviamo ancora di fronte ad un testo non legislativo, che comunque è stato approvato con 509 voti favorevoli, 3 voti contrari e 13 astensioni.

Come dovrebbero cambiare i prodotti

Le richieste degli europarlamentari parlano di un diritto alla riparazione efficace, ma tale obiettivo è raggiungibile soltanto partendo dalle basi, ovvero dalla progettazione di prodotti pensati per durare di più nel tempo e, ancora, per poter essere riparati in tutta sicurezza, anche grazie al fatto che le componenti da riparare siano facili da rimuovere e sostituire. Insomma, basta con prodotti “usa e getta”.

Secondo la posizione degli eurodeputati, un adeguato diritto alla riparazione dovrebbe dare all’industria e ai consumatori l’accesso gratuito alle informazioni riguardanti la riparazione e la manutenzione.

La durevolezza non dovrebbe essere soltanto hardware, ma anche software: a proposito dei dispositivi digitali, le richieste del Parlamento europeo parlano espressamente di reversibilità degli aggiornamenti delle applicazioni e di aggiornamenti che non comportino — tavolta — deliberate diminuzioni di prestazioni (si pensi agli smartphone). Sempre in tema di aggiornamenti, nelle richieste si fa riferimento ad una loro disponibilità per un periodo di tempo minimo, con informazione dei consumatori sin al momento dell’acquisto.

Gli eurodeputati si spingono fino ad una presa di posizione netta: «Le pratiche che limitano indebitamente il diritto alla riparazione o che portano all’obsolescenza potrebbero essere considerate “pratiche commerciali sleali” e vietate dal diritto UE».

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Close-up of laptop disassembling in repair shop.

Legge sul diritto alla riparazione: cosa dovrebbe includere

Si diceva che il testo appena approvato è di tipo non legislativo, tuttavia non si tratta di vuote richieste, anzi il Parlmento europeo ha definito alcuni punti chiave che dovrebbero essere presenti in una futura legge sul diritto alla riparazione. Ecco i più importanti messi in evidenza in sede di presentazione delle richieste:

  • incentivi ai consumatori per riparare un prodotto piuttosto che sostituirlo, come l’estensione delle garanzie o la fornitura di un dispositivo sostitutivo per la durata della riparazione;
  • regole armonizzate sulle informazioni ai consumatori, compresi “punteggi di riparazione”, durata di vita stimata, pezzi di ricambio, servizi di riparazione e disponibilità di aggiornamenti software;
  • strumenti di etichettatura intelligente come i codici QR;
  • un meccanismo di responsabilità congiunta tra produttore e venditore in caso di non conformità dei prodotti;
  • requisiti di durabilità e riparazione inclusi in una futura direttiva sulla progettazione ecocompatibile.

Situazione attuale

In attesa che qualcosa di concreto si muova, vediamo come si stanno comportando i maggiori produttori dell’industria tech.

La questione era stata affrontata dalla FTC (Federal Trade Commission) degli Stati Uniti, che, in materia di Diritto alla Riparazione (Right to Repair), aveva evidenziato le pesanti mancanze dei produttori, e poi aveva ripreso direttamente tre giganti del calibro di Apple, Microsoft e Samsung.

La prima a muoversi concretamente era stata Apple: già nel mese di novembre dello scorso anno il colosso di Cupertino aveva annunciato il lancio del nuovo programma Self Service Repair per iPhone e Mac. In tempi non sospetti vi abbiamo parlato anche di Google: da Mountain View hanno pensato bene di migliorare la sostenibilità dei Chromebook e al contempo far fare esperienze utili agli studenti con un nuovo programma di riparazione affidato alle scuole. Per quanto riguarda Microsoft, per ora sono arrivate solo promesse, ma nessuna iniziativa concreta. Infine, pochi giorni fa vi abbiamo parlato della nuova, interessante, iniziativa di Samsung, anche se al momento è piuttosto limitata.

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