Nel 2012 Google utilizzò un trucco per aggirare le impostazioni di privacy sui cookie di Safari per iOS riuscendo a installare cookie di terze parti sui dispositivi degli utenti anche senza il loro consenso.

Colto con le mani nel sacco, il colosso di Mountain View ammise  l’esistenza dell’escamotage e successivamente un esponente di un’organizzazione per i diritti dei consumatori nel Regno Unito promosse una class action da parte di 4,4 milioni di utenti iPhone, chiedendo rimborsi per una cifra complessiva di 3 miliardi di sterline.

Nel 2012 non era ancora in vigore l’obbligo per i siti web di richiedere il consenso esplicito per l’utilizzo del tracciamento e Google sostiene che, nonostante ci fu l’uso non autorizzato dei cookie da parte della sua rete pubblicitaria DoubleClick, i dati raccolti non furono mai ceduti a terzi e rimasero all’interno dell’azienda.

La class action potrebbe costare a Google miliardi di sterline

Secondo l’accusa il gigante di internet raccolse indebitamente informazioni come abitudini di navigazione, orientamento sessuale, schieramento politico e classe sociale degli utenti vendendo i dati agli inserzionisti.

Secondo la difesa presentata da Google alla corte britannica il fatto non sussiste in quanto nessun danno fu arrecato agli utenti, tuttavia una causa analoga negli Stati Uniti nel 2014 costò alla società un patteggiamento da 22,5 milioni di dollari.

La causa relativa alla class action ora ha raggiunto la Corte Suprema britannica che è in procinto di emettere la sentenza e se si schiererà dalla parte dei consumatori questa volta Google rischia una sanzione da miliardi di sterline.

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