Non avete anche voi quel sapore di ruggine in bocca? Prendete in mano un Huawei P40 Pro, osservatelo, fatevi giudicare da quella sezione fotografica mastodontica e poi sbloccatelo. Ecco il sapore della ruggine, l’assenza dei servizi Google.

Vecchie ruggini tra USA e Cina hanno colpito Huawei, hanno colpito me ed hanno colpito voi. La geolocalizzazione indica Europa e comunque non possiamo usufruire dei servizi Google su uno smartphone Huawei, sul P40 Pro, il pezzo di hardware più avanzato in circolazione. Il perché è ormai chiaro, così com’è chiaro che le vicende politiche si siano impadronite dell’innovazione che ha potuto vivere fino a poco tempo fa di una spensierata innocenza.

L’innocenza, la spensieratezza però ha creato molti più problemi di una vicenda politica. Sul trattamento riservato a Huawei da parte di Trump siam tutti d’accordo, è un vago tentativo di una rincorsa affannata al predominio del 5G. Mentre Hollywood vendeva al mondo il sogno americano, in Cina si erano già svegliati dall’incubo ed hanno iniziato in tempi non sospetti a ridisegnare la propria immagine nel mondo, presentandosi negli ultimi anni come promotori del futuro, fidi partner e potenti investitori.

Gli USA hanno badato al presente divorando tutto ciò che si poteva divorare, riuscendoci. Se oggi utilizzi un pc, il sistema operativo è made in USA con Microsoft e Apple in prima linea. Se utilizzi uno smartphone, il sistema operativo è made in USA con Google e Apple. La gestione della vita digitale di gran parte del mondo è servita da Windows, Android e iOS. Ovviamente l’hardware è di produzione esterna, gran parte dei notebook Windows sono costruiti in Cina, gli iPhone vengono assemblati in Cina ed Android deve il suo successo alle partnership sempre più importanti con i produttori cinesi.

La Cina, riservandosi l’indipendenza interna dai servizi americani, ha aiutato i suoi partner e allo stesso tempo ha posto le basi per il futuro delle connessioni 5G, diventando leader, chiudendo accordi colossali ed invadendo il mondo con le proprie infrastrutture di rete a prezzi vantaggiosi. Che sia chiaro a tutti, oggi le nostre connessioni sono già veicolate da infrastrutture cinesi, in particolare da quelle Huawei e non solo in Europa, anche in America stessa. Tra le altre cose, uno dei motivi delle continue proroghe dell’amministrazione Trump al ban di Huawei è per permettere agli operatori di rete USA di prendere tempo e sostituire l’attuale infrastruttura Huawei presente in America senza che molte zone della nazione restino senza connessione.

Ritornando alla spensieratezza, l’Europa è la bella addormentata. Mai realmente incisiva, mai realmente coesa, mai realmente innovativa nemmeno quando Nokia aveva in pugno la telefonia. Oggi gli smartphone a marchio Nokia sono prodotti da HMD Global, finlandese per carità, ma strettamente imparentata con la Foxconn cinese. Nokia nel 2020 si interessa principalmente di telecomunicazioni, di infrastrutture per il 5G, così come Ericsonn eppure Huawei aveva già tutto pronto per invadere gli stati europei con il 5G più avanzato in circolazione proposto al prezzo più basso. Solo le pressioni politiche esercitate dagli USA hanno bloccato l’avanzamento imperterrito di Huawei in Europa con il suo 5G. La situazione è in divenire ma Huawei ha dichiarato di essere stabilmente un elemento decisivo dello sviluppo della linea 5G in Europa.

Ed il software? Cosa abbiamo sviluppato in Europa? Se dico Sailfish OS di Jolla qualcuno sa cos’è? No, non è il nome di una zuppa di pesce del nord Europa. L’Europa è un mercato, siamo onesti. Abbiam abbracciato calorosamente i servizi americani, abbiamo regalato i nostri selfie a Zuckerberg, abbiamo detto a Google dove andiamo a lavoro perché il traffico non ci piace ed abbiamo chiesto a Google come trovare le product key di Windows. Abbiamo anche puntato su Apple, perché lì, nei server americani con la mela sopra, i nostri dati sono al sicuro.

Se oggi abbiamo l’amaro in bocca perché non possiamo utilizzare il più bel smartphone cinese senza tutti i servizi americani preinstallati, la colpa è anche nostra. Immaginate l’era digitale come una torta, metà è stata presa dagli USA (software) e l’altra metà dalla Cina (hardware). Noi abbiamo portato via il vassoio vuoto.

xi jinping

Non abbiamo avuto la fame di proteggere i nostri dati, le nostre aziende. Siam arrivati tardi e la nostra identità digitale non è più nelle nostre mani. Il blocco commerciale imposto dagli USA a Huawei ha zero impatto negli Stati Uniti, Huawei ha dichiarato più volte di non aver bisogno del mercato USA per essere leader, lo scossone è arrivato in Europa. Sono i consumatori europei a doversi fare delle domande sul se comprare uno smartphone Huawei senza i servizi Google. Siamo noi italiani ad aver timore di non poter più utilizzare nativamente i servizi Google su uno smartphone Huawei, è arrivato il momento di svegliarsi dal sogno americano, potrebbe diventare presto un incubo.

Siam in un momento storico di svolta, c’è bisogno di consapevolezza. Non si tratta semplicemente di non avere il Play Store sul proprio smartphone e di non poter scaricare Candy Crush facilmente. Giratevi intorno, cosa vedete sul comodino? Alexa di Amazon o al massimo un Google Nest Mini. La raccolta dati è ai massimi storici, abbiamo smart speaker in casa che pongono enormi quesiti sulla privacy eppure non ne possiamo fare a meno. Siamo in piena convivenza con l’intelligenza artificiale più di quanto ce ne accorgiamo, è già l’era del dialogo uomo macchina. Siamo vincolati al software americano e non abbiamo lo spirito giusto per recuperare, forse nemmeno la voglia.

Le capacità però storicamente si son sviluppate in Europa e se proprio vogliamo farci del male, in Italia. Guardiamoci alle spalle, c’è un filo rosso di innovazioni, di volti, di figure, di aziende che hanno creato i presupposti del mondo in cui viviamo ora, hanno fondato i pilastri sui quali Stati Uniti e Cina hanno creato attici di lusso. Senza cadere in romanticismo e facili citazioni ma non vi si modella un sorriso istantaneo al nome di Antonio Meucci? Il padre del telefono. Non vi capita di rimanere, ancor oggi, di stucco davanti all’eleganza tecnica delle macchine Olivetti? Non vi piacerebbe stringere la mano a Federico Faggin? Lui ha dato un cuore ai computer. L’Italia può essere di più di un vecchio stivale e l’Europa può essere di più di un semplice mercato, dov’è finita quella voglia e quella capacità di riuscire a imporre le nostre innovazioni? Ci stiamo davvero destinando a fare i camerieri del mondo?

Huawei P40 Pro

Tralasciando le questioni geopolitiche, è il ritorno alle basi, alla ricerca di nuove soluzioni al di fuori del monopolio ciò che è necessario. Non voglio esser troppo duro, agli albori della tecnologia mobile con l’introduzione degli smartphone non è stata fatta troppa attenzione a tutti quei “Accetta e vai avanti” premuti a cuor leggero. Pensavamo tutti fosse gratis ed invece abbiamo pagato con i dati e la costruzione di un monopolio che ha creato abitudini, comodità ed anche tanto progresso. Oggi però se ci tolgono dalle tasche anche solo il Play Store andiamo in crisi, non va bene. Oggi è toccato a Huawei, ma domani?

In uno dei mercati più solidi degli ultimi anni si è formata una crepa, è il momento di agire, è il momento di affondare la spada. Lo ha ben capito Huawei che sta sviluppando una alternativa al monopolio di Google. Il mercato ne aveva bisogno ma noi?

Una nuova era sta arrivando prima del previsto, abbiamo il peso degli errori del passato sulle spalle, possiamo osservare al futuro con maggior fiducia. Ne abbiamo bisogno perché il 5G e l’intelligenza artificiale avanzeranno ad una velocità mai vista prima, affrontare il nuovo futuro con superficialità potrebbe fare ancora più male del passato. Lo so, è molto più comodo avere tutto a disposizione ora, comodamente in tasca. Qualcuno però deve tornare ad investire, qualcuno deve tornare a credere nelle proprie capacità. Qualcuno deve buttarsi in questa buia frattura proprio come, quasi contro voglia, sta facendo Huawei. Magari l’Europa trova la luce.

Tecnologicamente parlando siamo in balia degli eventi e forse la colpa è anche un po’ nostra.

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