Il Google I/O di questo 2013, chiusosi una settimana fa, è stato un punto di rottura in diversi aspetti e per più di un motivo rispetto al passato. Le voci, per una volta, non sono riuscite a prevedere quello che sarebbe stato presentato lasciandoci (stranamente, di questi tempi) con la bellissima sensazione della sorpresa.

È infatti raro ormai arrivare alla presentazione di un prodotto del mondo tecnologico conoscendone poco o nulla, visto che anche le informazioni sull’iPhone, un tempo ultra-segrete, trapelano prima del tempo. Google ha saputo sorprenderci con molte cose nuove; non andremo ad analizzarle tutte ma, piuttosto, ci concentreremo su quegli aspetti che in qualche modo le hanno coinvolte trasversalmente.

La prima novità è, certamente, la mancata presentazione di una nuova versione di Android: una piccola dimostrazione di forza da parte di Google per chiarire che non c’è bisogno di un grande evento come il Google I/O per presentare una nuova versione del suo sistema operativo. Se ci pensiamo, infatti, sono ormai anni che Google ci ha abituati a novità sui suoi sistemi operativi durante la kermesse del Moscone Center (FroYo fu presentato durante il Google I/O), ma quest’anno non ha voluto presentare alcunché aspettando invece altri momenti, forse più adatti.

Momenti che potrebbero verosimilmente corrispondere a Giugno/Luglio o Ottobre, a seconda della convenienza dal punto di vista commerciale e della pubblicità. Proprio questo aspetto è, a mio parere, chiave: questa scelta è stata presa per dimostrare che Google può prendersi i suoi tempi e presentare i prodotti quando preferisce, perché in ogni caso riceverà una pubblicità eccezionale da parte di stampa, blog (TuttoAndroid incluso) e singoli individui. Perchè sfruttare un grande evento quando anche uno “piccolo” ottiene una risonanza enorme?

Aspettiamoci quindi nel futuro, a mio parere abbastanza prossimo, novità relative ad Android in quanto sistema operativo: nuove versioni, nuove funzionalità, tutto nuovo. È ancora presto per dire qualcosa di certo, ma ho idea che questa volta i cambiamenti saranno (ancor più di prima) sotto il cofano e non nella carrozzeria, in previsione di un cambio di vernice più avanti con nuove interfacce, nuove applicazioni e così via – un po’ come successo con Ice Cream Sandwich e il linguaggio di design Holo.

La seconda novità è che Google ha lasciato in secondo piano Android in quanto tale per concentrarsi su Android come piattaforma, inteso in questa accezione sia da parte degli sviluppatori che (soprattutto?) da parte del pubblico. Play Games, Google+, applicazioni per tablet, nuove linee guida, nuove possibilità per gli sviluppatori, nuove applicazioni, nuovi servizi. Servizi, servizi, servizi. Non mi sarei stupito vedendo Page o Brin salire sul palco urlando “SERVICES SERVICES SERVICES” à la Ballmer che urlava “DEVELOPERS DEVELOPERS DEVELOPERS” saltando tipo pallina da flipper in giro per il palco.

Le novità presentate però sono tante e tali che non rimpiangiamo affatto la mancata presentazione di Android 4.3 o 5.0 o qualunque altra cosa. Sono stati rinnovati pressoché tutti i principali servizi (Maps, Google+, Google Play…) e questo è un fatto estremamente positivo, ma anche indicativo della strada che Google sta prendendo.

È importante, infatti, non fornire solo la piattaforma software ma anche tutti i servizi connessi, come Microsoft sta imparando sulla sua pelle con Windows Phone. E se Google si concentra sui servizi, Android non può che migliorare, al di là di quanto è presente intrinsecamente all’interno del sistema.

Terza novità: il mondo non strettamente connesso ad Android come i Glass e tutte le cose nuove che Google sta incubando nei laboratori X per rendere forse migliore il nostro mondo. Anche se non lo renderà effettivamente migliore, almeno Google sta lavorando a qualcosa di nuovo, a quello che gli inglesi chiamano breakthrough – ovvero una novità eclatante, quasi rivoluzionaria.

La mia generazione (sono nato nel 1991) soffre molto della mancanza di prospettive e di speranze per il futuro, nonchè della mancanza di ambiti in cui sia possibile essere in qualche modo pionieri: certo, la rivoluzione digitale si sta compiendo in questi anni, ma è un mondo già estremamente complesso ed in cui è difficile emergere, dominato da grandi nomi che hanno possesso quasi completo del mercato. Lo sviluppo di soluzioni totalmente innovative e futuristiche come Glass è un po’ come la corsa allo spazio negli anni ’60: un qualcosa a cui mirare, un obiettivo a cui tendere, un motivo di speranza nel futuro o – meglio – un motivo per credere nel futuro.

Esagerazione? Forse sì, ma forse no. Di certo questo mondo stagnante ha bisogno di una scossa e, se potrà essere Google a darla ed a far nascere nuove realtà, ben venga.

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