Migliorano i dati sull’informatizzazione italiana, ma non quanto basta per superare o quantomeno pareggiare le medie europee. In estrema sintesi è questo che emerge dall’ultimo rapporto Istat sulla conoscenza.

Le statistiche evidenziano come l’81% della popolazione europea tra i 16 e i 74 anni abbia fruito quotidianamente della “rete”, percentuale che nel 2016 in Italia era ferma al 69% nonostante fosse in netta crescita sul “misero” 37% del 2008. La quota sale al 73,7% tra le persone laureate di 65-74 anni.

Secondo l’istituto nazionale di statistica il gap è da imputare principalmente al duo età-istruzione, principale imputato nella lenta rincorsa ai paesi più informatizzati. Il prospetto si incupisce se si considera che la maggior parte degli italiani utilizza internet per svolgere attività basiche come ricevere o inviare mail e poco per informarsi – leggere giornali o documentarsi a vario titolo – , per accedere ai servizi bancari (il 40%) o per acquistare e vendere online.

Per quanto riguarda le aziende il trend rimane pressoché il medesimo. L’anno scorso il 72% delle imprese italiane con almeno 10 dipendenti aveva un sito, valore in crescita di 11 punti percentuali sul 2010 ma basso se raffrontato al 77% della media continentale. Rimaniamo distanti anche sulla vendita online dei prodotti: 10% contro il 16% europeo.

Nello specifico, il “commercio 2.0” è adottato su scala più ampia in Trentino: svettano le province di Bolzano, con un 27%, e quella di Trento. Menzioni positive anche per Umbria e più in genere tutte (o quasi) le regioni del Mezzogiorno, a testimonianza di come internet possa ridurre le distanze o creare redditi anche in territori isolati o periferici.

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