Si dice che il lupo perde il pelo ma non il vizio no? E rieccoci a parlare di Facebook e di privacy con una faccenda delicata sorta proprio in queste ultime ore che più di vizio pare ormai un’abitudine ormai consolidata. A seguire un breve sunto sull’analisi di una professoressa di Computer Science in merito alla poca chiarezza sull’uso dei servizi di localizzazione da parte del social network, fondamentalmente impossibili da disattivare.

Facebook e l’accesso ai dati degli utenti ad Amazon, Spotify, Netflix e Microsoft

Tutto deriva da un recente report del New York Times in cui viene specificato che Facebook avrebbe fornito accesso illimitato a determinati dati dei propri utenti a servizi come Microsoft, Netflix, Spotify Yahoo e Amazon.

Citiamo brevemente:

Facebook allowed Microsoft’s Bing search engine to see the names of virtually all Facebook users’ friends without consent, the records show, and gave Netflix and Spotify the ability to read Facebook users’ private messages. The social network permitted Amazon to obtain users’ names and contact information through their friends and it let Yahoo view streams of friends’ posts as recently as this summer.

In sostanza Facebook avrebbe consentito a Bing di vedere i nomi degli amici degli utenti senza il permesso dell’utente, a Netflix e Spotify di leggere persino i messaggi privati. Amazon sarebbe invece stata in grado di ottenere le informazioni di contatto e i nomi degli utenti tramite gli amici dei profili interessati.

Per arrivare a sostenere questo il NYT ha intervistato oltre 60 persone, ex dipendenti e partner di Facebook compresi, esaminando oltre 270 pagine di documenti interni del social network.

Nonostante le smentite, il report in questione specifica pure che Facebook avrebbe stipulato contratti per la condivisione dei dati con più di 150 aziende fra cui siti di intrattenimento, case automobilistiche e rivenditori online di vario genere.

C’è l’ammissione di aver gestito male il tutto come c’è pure il riconoscimento di aver consentito a determinate aziende di continuare a rilevare i dati degli utenti anche dopo aver cessato le relative autorizzazioni.

E di qui ad arrivare alla conclusione che Facebook pare non essere in grado di proteggere i dati degli utenti, il passo è breve.

Essere irrintracciabili dagli annunci  pubblicitari su Facebook? Impossibile

Oltre a questo, dai colleghi di 9to5Mac apprendiamo che una professoressa di informatica della University of Southern California, Aleksandra Korolova ha deciso di dire la sua sulle maniere in cui Facebook manovra la pubblicità, la pubblicità mirata nello specifico.

Il suo ragguaglio si focalizza soprattutto su un’evidenza: disabilitando i servizi di localizzazione come è possibile che le pubblicità facciano comunque riferimento ai luoghi in cui viviamo?

Per la questione la Korolova ha provato il tutto su di sé. Ha affermato innanzitutto come sul suo profilo Facebook non abbia pubblicato alcuna informazione sulla propria città corrente, condiviso fotografie, taggato alcunché usando la posizione o altro in merito e, ovviamente, abilitato la localizzazione.

Ecco, ciò malgrado, il continuo ripresentarsi di annunci e suggerimenti di persone che si trovano nei pressi del suo luogo di residenza ha acceso in lei la volontà di approfondire la questione.

La spiegazione del caso la ritroviamo nella pagina “Informazioni su Inserzioni di Facebook” che trovate qui, nel paragrafo “La tua posizione”, sede in cui il social network specifica quanto segue.

Insomma, come la Korolova sottolinea, per riuscire a rintracciare l’utente e di conseguenza personalizzare annunci e quant’altro Facebook si basa su questioni come gli indirizzi IP, i dati Wi-Fi e Bluetooth. E questo, in breve, significa che è di fatto impossibile avere il pieno controllo dei dati sulla posizione e quindi negare il tutto in toto.

La prova di questo la ritroviamo in una dichiarazione pubblicata su Gizmodo firmata da un portavoce di Facebook:

Facebook does not use WiFi data to determine your location for ads if you have Location Services turned off. […] There is no way for people to opt out of using location for ads entirely. We use city and zip level location which we collect from IP addresses and other information such as check-ins and current city from your profile.

Tutto torna a questo punto, d’altronde è specificato nelle pagine online di Facebook relative alla privacy come ci ricorda lo stesso portavoce. Ma il punto che Aleksandra Korolova voleva sottolineare è semplicemente questo: non è molto chiaro il fatto che gli iscritti a Facebook, pur disabilitando tutti i servizi di localizzazione, rimangano tuttavia rintracciabili da annunci e servizi vari. E di questo, è difficile che ne abbiano coscienza gli utenti comuni se non specificato a chiare lettere. Tutto qui.

Voi cosa ne pensate? Potete lasciare un commento nell’area dedicata sottostante e approfondire nei link che vi lasciamo nelle fonti in basso a destra.

Aggiornamento del 20 dicembre: siamo stati raggiunti da Netflix, che ha voluto chiarire la propria posizione sulla questione con uno statement ufficiale. Ecco la posizione di Netflix:

“Negli anni abbiamo sperimentato diversi modi per rendere Netflix più social. Un esempio di questi, è la funzione lanciata nel 2014 che permetteva agli utenti di suggerire serie e film ai loro amici di Facebook attraverso Messenger o Netflix. La funzione però non è stata popolare e l’abbiamo eliminata nel 2015. In nessun momento abbiamo avuto accesso ai messaggi privati delle persone su Facebook o richiesto la possibilità di farlo.”