Dopo l’entrata in scena di Meta AI su WhatsApp, un’implementazione che non è certo passata inosservata, arrivano i primi inevitabili contraccolpi normativi: l’Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato ha infatti annunciato l’avvio di un procedimento istruttorio nei confronti di Meta Platforms Inc. (assieme alle sue controllate europee e italiane) per presunto abuso di posizione dominante, in violazione dell’articolo 102 del TFUE (Trattato sul Funzionamento dell’Unione Europea).

Una mossa attesa da molti, soprattutto considerando il modo in cui l’azienda ha introdotto la sua IA generativa all’interno dell’app di messaggistica più usata dagli italiani.

Offerta

Motorola edge 60, 8/256 GB

50+50+10MP, 6.67'' pOLED 120Hz, Batteria 5200mAh, ricarica 68W, Android 15

239€ invece di 379€
-37%

L’integrazione forzata di Meta AI in WhatsApp fa scattare l’allarme

Stando a quanto evidenziato dall’AGCM, da marzo 2025 Meta ha avviato l’integrazione automatica di Meta AI su WhatsApp, collocandola in posizione prominente nella schermata principale dell’app e nella barra di ricerca; un’aggiunta che secondo l’Autorità potrebbe imporre agli utenti l’utilizzo dell’assistente IA, senza che questi abbiano esplicitamente scelto di farlo.

Non si tratta semplicemente di un’opzione in più a disposizione dell’utente, Meta AI viene preinstallata e resa subito visibile, bypassando ogni forma di consenso attivo e contribuendo così a rafforzare la posizione dominante dell’azienda anche nel nuovo (e sempre più affollato) mercato dell’assistenza tramite chatbot basati sull’intelligenza artificiale.

Secondo la ricostruzione dell’AGCM, l’abbinamento forzato tra WhatsApp e Meta AI non deriva da una competizione giocata sul piano dell’innovazione o della qualità del servizio, ma piuttosto da un meccanismo di trascinamento della base utenti verso un ecosistema proprietario, sfruttando la popolarità dell’app di messaggistica come canale privilegiato.

Insomma, più che una libera scelta, l’uso di Meta AI da parte degli utenti rischierebbe di configurarsi come una sorta di obbligo indiretto, potenzialmente lesivo per i concorrenti che offrono soluzioni simili ma non possono contare su un’integrazione nativa in un’app da oltre due miliardi di utenti attivi a livello globale.

Non è un caso infatti che l’Autorità sottolinei il rischio di una dipendenza funzionale da Meta AI, anche in virtù del fatto che il sistema migliora progressivamente nel tempo, basandosi su interazioni passate per offrire risposte sempre più efficaci e personalizzate; un meccanismo virtuoso per l’utente, ma difficilmente replicabile da servizi concorrenti che non partono dalla stessa basa installata.

A conferma della serietà del procedimento avviato, nella giornata di ieri i funzionari dell’AGCM, in collaborazione con il Nucleo Speciale Antitrust della Guardia di Finanza, hanno effettuato ispezioni nelle sedi di Facebook Italy S.r.l., controllata italiana del gruppo Meta; un’azione mirata a raccogliere documentazione e prove utili a valutare l’effettiva portata delle condotte contestate.

Va infine ricordato che l’intera operazione si sta svolgendo in stretta cooperazione con gli uffici competenti della Commissione Europea, segno di quanto il tema sia strategico anche a livello comunitario, in particolare in un periodo in cui il ruolo dell’intelligenza artificiale nelle piattaforme digitali è osservato speciale da parte delle autorità regolatorie.

L’intervento dell’AGCM rappresenta senza dubbio un chiaro segnale alle aziende tecnologiche, non ci resta che attendere gli sviluppi dell’istruttoria per capire se l’integrazione di Meta AI in WhatsApp verrà considerata lecita o meno.