Google ha commissionato uno studio riguardante la privacy degli utenti a Ipsos, nota società specialista in ricerche di mercato e sondaggi. Secondo quest’ultimo, effettuato su 20.000 utenti europei, le persone ritengono che esperienze online scadenti in termini di privacy risultino dannose quasi quanto una violazione dei dati. In più, quasi la metà degli intervistati passerebbe alla propria seconda scelta (in termini di brand) nel caso offrisse un’esperienza migliore lato privacy.

La privacy è un investimento per il futuro da parte delle aziende: ecco i risultati della ricerca Google-Ipsos

Secondo la ricerca commissionata da Google, dare agli utenti il controllo sui loro dati non è sufficiente, ma serve aiutarli a percepire di avere questo controllo per aumentare la loro fiducia e la preferenza per un determinato brand. I risultati dello studio “Privacy by design: the benefits of putting people in control” sono stati presentati da Matt Brittin, Presidente Google EMEA, durante la conferenza di settore DMEXCO in corso in questi giorni a Colonia.

L’impatto di un’esperienza negativa in termini di privacy supera notevolmente quello di un’esperienza positiva“, ha dichiarato Brittin. “Ciò significa che, una volta che il danno è fatto, offrire un’esperienza ottimale relativa alla privacy non farà comunque tornare i clienti. Garantire fin da subito un’esperienza incentrata sul rispetto della privacy si traduce invece in risultati eccellenti.

Le persone preferiscono puntare su marchi che offrono loro un controllo maggiore a livello di privacy, che si tratti di annunci personalizzati o promemoria per adattare le impostazioni della privacy. “Quasi tre quarti hanno dichiarato che preferirebbero acquistare da brand che sono onesti su quali dati raccolgono e perché“, ha continuato. “E più di quattro su dieci hanno dichiarato che sceglierebbero di passare al marchio di seconda scelta, se questo offrisse loro un’esperienza migliore in termini di privacy. Investire nella privacy paga“. Secondo quanto emerso, la privacy costituisce un investimento per il futuro, che le aziende devono fare se vogliono mantenere la fiducia degli utenti.

Gli inserzionisti possono fare qualche cambiamento affidandosi all’approccio delle cosiddette “tre M”: rendere le esperienze di privacy significative (Meaningful), memorabili (Memorable) e gestibili (Manageable). Dal report del 2021, commissionato da Google a Ipsos, era emerso che il marketing risulta più efficace quando le persone sentono di avere il controllo sulla condivisione dei propri dati, e le analisi hanno confermato l’importanza di rispettare la privacy degli utenti e hanno dimostrato i vantaggi di farlo nel modo corretto.

Ecco alcuni dei principali risultati emersi:

  • Il 43% dei partecipanti ha dichiarato che passerebbe dalla sua prima scelta in termini di brand alla seconda nel caso quest’ultima offrisse un’esperienza positiva relativa alla privacy.
  • Il 71% ha affermato di privilegiare l’acquisto da brand onesti riguardo i dati che raccolgono e le finalità della raccolta; il dato sale all’82% tra quelli che si sono definiti “scettici” rispetto ai dati raccolti e alle modalità di utilizzo.
  • È emerso un incremento del 13% della fiducia verso un brand in seguito a un’esperienza positiva in termini di privacy; il dato sale al 19% tra coloro che sono più scettici riguardo le modalità di utilizzo dei dati per finalità di marketing.
  • L’impatto negativo di un’esperienza scadente relativa alla privacy è particolarmente dannoso, quasi quanto quello di una violazione dei dati (-35 punti percentuali rispetto ai -44 attribuiti a una violazione).
  • Un incentivo monetario per la condivisione dei dati può non avere sempre un effetto positivo per i brand che hanno già adottato pratiche adeguate di tutela della privacy. Anzi, riguardo alla fiducia verso i brand, è emerso che potrebbe avere un impatto negativo (fino a 6 punti percentuali).

La combinazione più efficace, secondo lo studio, è stata la seguente:

  1. chiedere alle persone come (e con che frequenza) volevano che venissero ricordate le loro preferenze
  2. inviare una e-mail di sintesi sulla gestione della privacy
  3. chiedere il consenso per la personalizzazione di un sito web

Questo approccio si è tradotto anche in un aumento del 37% della percezione del controllo e in un’attitudine più positiva verso gli annunci visualizzati. Kelly Beaver MBE, Chief Executive di Ipsos UK e Irlanda, ha concluso: “Il nostro studio suggerisce che le aziende che riescono a far sentire le persone più in controllo dei propri dati possono anche aumentare la fiducia nei confronti del marchio e incrementare la preferenza per lo stesso“.