HTC è, purtroppo, una società che sta attraversando una forte crisi nonostante gli ottimi prodotti. Proprio questa condizione sta spingendo sempre più dirigenti e figure chiave ad abbandonare la nave e l’amministrazione a cercare di tagliare i costi. L’ultimo passo in questo senso è la decisione di mettere in outsourcing parte della produzione, ovvero nel far produrre ad aziende terze una parte degli smartphone dell’azienda.

I produttori cui HTC fa riferimento sono Compal, azienda taiwanese ben nota che produce buona parte dei PC del mondo (ad esempio quelli di HP), e Wingtech, un produttore a contratto cinese. Tre dispositivi della serie Desire sono già in produzione da parte delle due realtà. I dispositivi della serie One non saranno, però, prodotti esternamente, così come modelli di fascia medio-alta come il Desire 816.

Non bisogna dimenticare che la stessa HTC un tempo produceva smartphone per altre realtà: la linea iPaq di HP, ad esempio, era prodotta quasi interamente da HTC. La società taiwanese sa quindi come gestire la situazione e spera di riuscire a risparmiare rispetto alla produzione propria: se lo scorso anno lo smartphone più economico immesso sul mercato costava 230$, quest’anno HTC spera di arrivare a 150$.

Non è un segreto che HTC debba cominciare a macinare grossi numeri e deve farlo anche sulla fascia bassa, per due motivi: il primo è una questione meramente economica, poiché la fascia bassa permette di ottenere grossi guadagni se gestita correttamente (in questo Samsung docet!); il secondo è una questione di marketing, perché produrre molti dispositivi di fascia bassa e media permette di invadere il mercato ed avere riconoscimento del brand da parte dell’utenza. HTC è un nome pressoché sconosciuto ai più.

Speriamo che i nuovi modelli in produzione possano salvare l’azienda. L’ultimo arrivo è il Desire 616, con processore MediaTek MT6592 octa-core. Che sia un pezzo dell’uovo di Colombo?

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