Presentato al Google I/O dello scorso anno, Google Play Protect rappresenta in Google un intero set di servizi dedicati alla sicurezza degli utenti Android; alla base di Play Protect, però, c’è qualcosa che ha protetto gli utenti anche prima del suo arrivo, e che è stato potenziato grazie al machine learning, permettendo di garantire la sicurezza di 2 miliardi di dispositivi Android.

Il tanto discusso machine learning è all’opera in Google già dal 2016, e da quell’anno aiuta i sistemi di BigG ad individuare possibili minacce; proprio come il nome lascia intendere, alla base del machine learning c’è l’insegnamento, in questo caso indirizzato ad un algoritmo di riconoscere un certo comportamento proponendogli moltissimi esempi.

Google Play Protect vede il machine learning è la capacità di individuare in automatico possibili minacce da parte dell’algoritmo di Google come una delle parti chiave del sistema; questo permette di raggiungere livelli di sicurezza elevati: Google afferma che un dispositivo che scarica applicazioni solo dal Play Store ha una probabilità 9 volte inferiore di scaricare un’app potenzialmente dannosa rispetto ai dispositivi che scaricano da altre fonti.

Non solo, perché l’azione di Google Play Protect continua anche dopo aver scaricato l’applicazione, scansionando il dispositivo e accorgendosi se un’app si comporta in modo anomalo. I sistemi di Google, aiutatati dal machine learning che è in grado di permettere all’algoritmo di scovare comportamenti comuni ad app malevole, arrivano ad analizzare 50 miliardi di applicazioni ogni giorno. 

Quando il sistema scopre applicazioni che hanno comportamenti dannosi simili le raggruppa in famiglie, e queste famiglie permettono a loro volta di scovare altre applicazioni che hanno in comune alcuni comportamenti ma che erano riuscite a sfuggire ai radar dell’algoritmo.

Ma l’abilità della macchina non basta, e una volta che i sistemi ne hanno riconosciuta una parte un processo di revisione svolto da esperti; se anche questi confermano la dannosità dell’app si ottengono due risultati: Google Play Protect agisce per impedire l’accesso all’app e l’algoritmo – e il machine learning – ha un nuovo esempio di cui cibarsi e da cui imparare, garantendo maggior velocità di azione e precisione nel caso di una nuova applicazione anomala.

Il machine learning di Google è riuscito ad individuare correttamente – fino ad ora – il 60,3% delle applicazioni scovate da Google Play Protect nel 2017, una percentuale che è destinata a salire man mano che la macchina continua ad imparare. 

Insomma, la nostra sicurezza è sempre più in mano alla macchina e all’intelligenza artificiale, e man mano che la macchina impara anche la nostra sicurezza aumenta. Che ne pensate di questo sistema?