La tecnologia corre e, soprattutto, muta: negli ultimi 10 anni ci sono stati più cambiamenti nel mondo tecnologico di quanti ce ne fossero in 100 appena quattro o cinque secoli fa. Non è sempre facile tenere il passo e, per di più, non è solo la tecnologia a cambiare, perché cambiamo anche noi con essa e a causa di essa. Non è esagerato affermare che la tecnologia, così ubiqua al giorno d’oggi e così essenziale nella nostra vita quotidiana, sia ormai la finestra attraverso la quale vediamo il mondo ed interagiamo con esso. E, di conseguenza, tramite la quale cambiamo.
Marx diceva nel Capitale (e non solo) che ogni tempo è definito dai mezzi di produzione a disposizione e che tali mezzi definiscono anche i rapporti tra le varie parti sociali. Le sue parole rimangono vere anche al giorno d’oggi, ma si possono costruire altri ragionamenti sopra quanto affermato dal filosofo tedesco alla luce dei cambiamenti occorsi negli ultimi vent’anni e tuttora in atto. Ciò che si può dire è che sì, i mezzi di produzione influenzano il modo di pensare e di vedere le cose, ma anche i prodotti svolgono lo stesso ruolo – seppur in misura differente rispetto ai primi in quanto loro diretta emanazione.
A sostegno di questa tesi si può considerare l’impatto della telefonia cellulare non solo sulle nostre abitudini, ma sul nostro modo di pensare e vedere il mondo. Se prima dell’avvento della telefonia cellulare la comunicazione avveniva solo con i mezzi “classici” (di persona, tramite lettera, fax, telefonia fissa, radio, ecc) che non permettevano una comunicazione costante con chiunque, dovunque questi si trovasse, i cellulari hanno rivoluzionato questo concetto permettendoci di essere sempre e comunque raggiungibili – o quasi. Quello che può sembrare, a prima vista, un fatto banale, è in realtà di portata rivoluzionaria. Basta un esempio per rendere chiaro il perché: i migranti che in questi mesi stanno arrivando in Europa continuano a tenersi in contatto con i loro cari nelle terre d’origine, quando possibile, tramite telefoni cellulari – e questo è un fatto eccezionale, perché mai prima nella storia è stato possibile tenersi a contatto con persone distanti migliaia di chilometri in maniera semplice e, soprattutto, immediata, anche in situazioni catastrofiche come quelle che stanno tenendo sotto scacco molti Paesi dilaniati dalla guerra da un lato e i confini europei dall’altro.
L’arrivo di Internet in mobilità ha ulteriormente ampliato questa rivoluzione, permettendo a tutti di accedere – virtualmente – a tutto il patrimonio culturale e d’informazioni creato dall’Umanità nella sua storia senza attendere che pochi secondi. Quando Diderot e La Rond d’Alembert crearono l’Encyclopédie, nel XVIII secolo, non avrebbero mai immaginato che una cosa del genere fosse possibile e già la loro impresa era di proporzioni titaniche. E allo stesso modo in cui gli intellettuali francesi riuscirono effettivamente a rivoluzionare il pensiero del loro tempo e delle epoche successive (pensate a Wikipedia, che ancora ricalca il modello dell’Encyclopédie!), così anche la possibilità di accedere ad Internet ed al mare di informazioni che veicola ha cambiato e sta ancora cambiando il nostro tempo.
Voglio fare riferimento ad avvenimenti recenti e terribili: gli attacchi di Parigi. La gran parte del lavoro di reportage è avvenuto non grazie ai giornalisti professionisti, ma grazie a normali persone che hanno condiviso video, foto e informazioni tramite i social network. Questo è un fatto estremamente rilevante, perché è in qualche modo una cartina di tornasole per capire il cambiamento che è avvenuto e che sta ancora avvenendo: nessuno di noi si è stupito che fossero persone normali a riportare i fatti – pur con metodi e modi non strettamente tradizionali – anche se fino a vent’anni fa questo non era possibile. E senza questi stessi strumenti non sarebbe stato possibile capire la situazione in corso e arrivare ad un finale come quello che c’è stato, terribile e straziante ma forse meno catastrofico di quanto avrebbe potuto essere.
C’è anche, però, l’altra faccia della medaglia: gli strumenti sono solo strumenti e non dipende da loro come vengono usati; un coltello può essere usato per sbucciare una mela oppure per uccidere, ma la colpa non è sua, esattamente come Nobel inventò la dinamite per facilitare il lavoro dei minatori e non come arma. È importante tenerlo a mente quando si pensa al fatto che gli stessi mezzi usati per scopi benefici sono serviti anche a fare del male, ad esempio mettendo in contatto gli estremisti tra di loro per organizzare la strage di Parigi. Subito sono sorte proteste e proposte di “chiudere Internet” o di blindarlo riducendo le libertà individuali di tutti i cittadini, come se questo potesse realmente permettere di prevedere e fermare stragi, attentati e così via.
Prism, il progetto di spionaggio di massa della NSA statunitense, ha dimostrato che la sorveglianza di massa non è poi così utile. Eppure in Regno Unito è stata recentemente proposta una legge che rende a tutti gli effetti legale la sorveglianza di massa e che rende obbligatorio, tra le altre cose, l’inserimento di backdoor nei prodotti tecnologici in maniera tale che il governo abbia sempre una porta dalla quale accedere ai contenuti. Citando Benjamin Franklin: “chi è pronto a rinunciare a delle libertà fondamentali per una parvenza di temporanea sicurezza non merita né libertà né sicurezza”. Grandi capolavori della letteratura come 1984, Il mondo nuovo e V per Vendetta non sembrano aver insegnato niente ad alcuni (“La storia si ripete perché nessuno ha ascoltato la prima volta”, anonimo) e le più grandi paure dei loro creatori sembrano quanto mai vicine a divenire realtà, in una terrificante inversione dei ruoli in cui sembra la realtà a prendere spunto dalla fantasia e non viceversa. Il fatto che abbiamo a disposizione proprio tali letture, che ci mettono in guardia dalle conseguenze di alcune politiche oscurantiste condotte in nome della “sicurezza”, dovrebbe però portare ad un futuro migliore di quello prospettato dalle stesse.
Gli aspetti positivi della tecnologia sono indubbiamente molto più numerosi rispetto a quelli negativi. Questo è il motivo principale per cui continuo ad essere ottimista e spero in un miglioramento nel futuro, anche se la situazione attuale fa pensare al contrario. Dopotutto, continuiamo ad usare i coltelli per sbucciare le mele.