Oggi, trascorriamo molto tempo con gli occhi incollati allo schermo del nostro smartphone e spesso la prima cosa che facciamo nella giornata è accenderlo e l’ultima spegnerlo.
In tanti lodano la durata della batteria del proprio telefono, capace di garantire anche cinque o sei ore di schermo acceso in una giornata: ciò significa, tuttavia, che tutto quel tempo lo si è trascorso con gli occhi fissi su quel display.
Sempre più scienziati stanno conducendo studi su quella che ormai per moltissime persone è una vera e propria “dipendenza” da smartphone e ansia da distacco e uno di questi, realizzato dalla City University di Hong Kong, si è soffermato sulla nomofobia (l’ansia che si prova quando si è separati dal proprio telefono), provando a capire cosa si nasconde dietro di essa.
Se fino ad ora si riteneva che la nomofobia fosse causata dalla paura di poter perdere una chiamata importante, i ricercatori hanno invece scoperto che la questione è differente.
Essendo divenuti parte integrante del nostro quotidiano, gli smartphone sono utilizzati per restare in contatto con gli altri, ricevere notizie, condividere esperienze: in sostanza, sono ormai considerati come una sorta di “album della nostra vita”.
Gli smartphone, pertanto, non solo ci accompagnano durante le tante esperienze quotidiane ma a volte ci condizionano anche su come le percepiamo (basti pensare ai commenti degli amici che ci suggeriscono come valutare una determinata situazione), divenendo così un’estensione della nostra persona.
Ovviamente tale fenomeno non colpisce tutti ma, a dire del dottor Ki Joon Kim, la nomofobia in futuro sarà sempre più comune.