Il dilemma è atavico, addirittura precedente all’avvento degli smartphone. Quando un telefono cellulare cade in acqua la domanda che ci si pone è sempre la stessa: “Quale sarà il modo migliore per riportarlo in vita e per eliminare rapidamente l’umidità?“.

In questi casi la risposta di amici, parenti, presunti esperti etc. è sempre ferma e sicura: “Mettilo nel riso e aspetta che i chicchi assorbano l’acqua“.

La “soluzione del riso” è riuscita a radicarsi saldamente nell’immaginario collettivo delle persone, tanto da essere considerata la migliore possibile.

In realtà, come testimoniato da alcuni studi (ripresi dal collega Michael Zelenko in un articolo apparso su The Verge), l’impatto del riso sarebbe praticamente trascurabile.

Un test condotto dal sito Gazelle.com ha tentato di valutare scientificamente (per quanto possibile) l’efficacia dei chicchi su di uno smartphone bagnato, con risultati molto deludenti.

Le capacità di assorbimento del riso sono infatti risultate essere quasi nulle, e si è dimostrato che per ottenere risultati soddisfacenti è sufficiente lasciare che il telefono si asciughi all’aria aperta (e non dentro una scatola). Altri studi, tra cui quello condotto da TekDry, sono giunti alla medesima conclusione.

Nel caso in cui il vostro smartphone dovesse malauguratamente cadere in acqua la cosa migliore che potreste fare sarebbe quello di lasciarlo spento per almeno 12 ore all’aria aperta, nell’attesa che l’umidità evapori.

Naturalmente non esiste alcuna garanzia che il “metodo dell’aria” (se così vogliamo chiamarlo) funzioni, poiché una immersione accidentale potrebbe rovinare immediatamente i componenti elettrici del device, e in quel caso non ci sarebbe né aria né riso che tengano.

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