Abbiamo avuto l’occasione di incontrare Masoud Beheshti e Matt Johnson di Fairchild, storica azienda che lavora nel campo dei semiconduttori che ha aperto la strada a tante innovazioni e che oggi riesce ancora ad essere protagonista anche nel mondo mobile.

Fairchild si occupa di produrre tutti quei chip “secondari” come i gestori delle connessioni USB, i chip per la gestione dell’energia, i chip che rilevano quando le cuffie sono inserite nello slot. Sembrano poche cose che riguardano pochi telefoni, ma nel Galaxy S3 sono presenti più di 10 componenti fabbricati da Fairchild. Incontriamo due rappresentanti di Fairchild: Masoud Beheshti, vice presidente della divisione Analog and Power Products (prodotti analogici e riguardo l’energia), e Matt Johnson, senior vice president e general manager della divisione Mobile Solutions.

Masoud Beheshti è un omone enorme con mani grandi il doppio delle mie, con una voce profonda e decisa. Non sono certo basso, ma gli arrivo a malapena alla spalla. Il suo viso dalla pelle scura, indiana, ha un’aria gentile e disponibile, ed infatti si rivela pronto a rispondere anche a tutte le mie domande (anche quelle più insolite) senza problemi. Matt Johnson è invece un uomo nella media, con i capelli corti e lo sguardo di chi sa farti sentire a tuo agio.

Siamo circondati da apparecchiature elettroniche di vario genere, dalle classiche schede per i test fino ad apparecchiature da laboratorio pre misurare le frequenze. C’è anche uno smartphone che, ci spiegano, hanno costruito tutto “in casa”; il primo commento è “non pensavamo che fosse così difficile!”.

Molte persone pensano a CPU, GPU, frequenze e benchmark, ma pochi pensano a quello che c’è dietro alle altre cose che diamo per scontate. Cominciamo con una domanda semplice: ad esempio, quando io inserisco le mie cuffie nel telefono, questo le riconosce. Come è possibile? Ci sono altri chip oltre ai processori?

Matt Johnson prende il telefono e me lo fa vedere. Il discorso parte da lontano, ma aiuta a capire tante cose.

Matt: Ci sono molti chip oltre ai processori e alle GPU. Questo è un telefono che abbiamo realizzato come reference design per noi stessi. Usa Android e all’interno c’è un Qualcomm MSM8960 [quad-core, NdR] e quello che abbiamo fatto è metterci dentro 18 pezzi prodotti da noi e praticamente, per ognuno di essi c’è un’applicazione per cui puoi vedere quale pezzo sta effettuando quale operazione.

Non sapevo che da Android si potesse accedere ad informazioni così dettagliate sui singoli pezzi di un telefono!

Matt: Abbiamo dovuto creare le applicazioni appositamente, in realtà. L’unica ragione per cui l’abbiamo fatto è per far vedere meglio come funzionano i nostri prodotti e, per essere onesti, abbiamo imparato molto sulle sfide insite nella creazione di un telefono, perché è più difficile di quello che credevamo!

Ridiamo tutti, è inevitabile. La parola passa a Masoud Beheshti.

Masoud: Un sacco delle cose che facciamo da un punto di vista “di alto livello” [più una cosa è a basso livello e più è vicina all’hardware e viceversa, NdR] riguarda l’utente e quello che riesce a fare con il telefono. Le applicazioni e il sistema operativo si interfacciano con i connettori, il display e così via. Sul telefono medio c’è un processore principale (CPU o Application Processor, AP). L’AP lavora con gli altri componenti. Molte persone non ci pensano nemmeno, come dicevi prima, ma si tratta di funzionalità essenziali. Una delle cose di cui l’AP ha bisogno è l’energia, giusto? E anche di una buona gestione dell’energia. Come potrai immaginare, la GPU ha più di una modalità di operazione: c’è il video, c’è la processazione di immagini, il refresh del display… Hai bisogno che risponda in fretta, quindi la corrente che arriva deve cambiare in fretta. Quindi abbiamo alcuni chip che si occupano di questo, e uno dei nostri componenti si occupa di variare la corrente che arriva ai pezzi – così che la GPU possa fare il suo lavoro. Se non hai un buon chip per la gestione dell’energia, non ha importanza quanto sia buona la tua GPU. Questa è una delle aree chiave su cui ci concentriamo.

Effettivamente, se una GPU non avesse un chip che si occupa di fornirle più o meno energia a seconda del bisogno, le batterie si esaurirebbero nel giro di pochi minuti e i telefoni sarebbero fornelletti da campo. Ora passiamo ad un altro dispositivo: è una piccola scheda con delle piccole “scatolette” metalliche sopra.

Masoud: Un’altra area su cui ci concentriamo è quella dei feedback aptici. È un’area critica per l’esperienza degli utenti. Abbiamo sviluppato una piattaforma in cui è possibile inviare differenti segnali per avere differenti esperienze di touch and feel quanto tocchi lo schermo – ad esempio, mentre digiti con la tastiera.

Matt Johnson mi mette in mano il dispositivo.

Matt: Prova a toccare i diversi punti. Senti che è diverso? Questo è breve, questo è lungo…

A seconda di quale “scatoletta” tocco c’è una diversa vibrazione: una è più forte, l’altra è più lunga, l’altra è a intermittenza… In effetti, con una cosa del genere sarebbe possibile creare dispositivi che diano un feedback migliore all’utente: una vibrazione corta ma forte quando si scrive con la tastiera virtuale, una a intermittenza quando c’è una notifica e così via.

Matt: Carino, eh? Dal punto di vista degli sviluppatori delle applicazioni, presto sarà possibile migliorare il controllo delle applicazioni sul telefono e questo dà un sacco di forza in più alle app.

Ovviamente questo dà anche un miglior feedback agli utenti.

Matt: Certo, dà più feedback agli utenti e consente agli sviluppatori di avere un migliore controllo sulla user experience.

Torniamo a parlare di gestione dell’energia: Masoud mi fa vedere come anche per quanto riguarda i chip che si occupano delle radio sia necessario gestire bene l’energia, perchè altrimenti avremmo un sacco di onde radio inutili intorno a noi ed un sacco di consumo della batteria.

Parlando sempre di batteria, Masoud mi mostra una serie di schede connesse con un cavo. Mi spiega che è un prototipo e che il prodotto finale sarà grande poco più di una capocchia di spillo. Ma di cosa si tratta?

Masoud: Tutti quanti si preoccupano dell’energia, di quanto tempo ci vuole per caricare una batteria. Di solito ci vogliono delle ore. Quindi una delle aree su cui ci stiamo concentrando è: come riduciamo il tempo di carica? Di fatto si tratta di limitazioni, sia da parte del caricatore che da parte dei chip nei dispositivi. Quello che abbiamo qui è un prototipo di un sistema per caricare più in fretta. Normalmente il caricatore sta lì e non comunica con il dispositivo, fornisce un voltaggio fisso. Quello che vogliamo fare è stabilire una comunicazione tra l’alimentatore ed il telefono e in questo modo si può modificare il voltaggio fornito dall’alimentatore. Aumentando il voltaggio possiamo ridurre il tempo di carica.

Ma la comunicazione tra il dispositivo e l’alimentatore è fatta con chip all’interno del telefono, chip nel cavo e chip nell’alimentatore? La comunicazione avviene via software o via hardware?

Maoud: I chip sono in tutti e tre i dispositivi: caricatore, cavo e telefono. La comunicazione avviene tramite un protocollo sviluppato da noi e via software.

Matt: L’hardware comunica e “sente” che è possibile caricare più velocemente, poi il software decide cosa fare. È facile, ma è incredibile pensare che nel passato l’alimentatore semplicemente fornisse energia, ma ora se puoi “sentire” la batteria puoi caricare molto più velocemente e dimezzare i tempi di carica. E questo è davvero importante per gli utenti.

Normalmente le persone non pensano ai semiconduttori al di fuori di CPU, GPU, RAM e così via. Ma quanti componenti di Fairchild finiscono in un telefono?

Matt: La risposta è che lo scorso anno Fairchild ha venduto più di 4 miliardi di prodotti che sono andati nei dispositivi. Il numero dipende dal modello e dal produttore, ma in media andiamo dai 2 ai 20 prodotti per ogni telefono. E abbiamo prodotti come chip audio, video, USB, MHL, HDMI, sensori, gestione della batteria e dell’ernergia, oltre a tutti i prodotti per la carica dei dispositivi.

Di fatto si tratta di un mondo a parte, molto più ampio di quanto normalmente uno penserebbe. Tante cose che diamo quasi per scontate, come il riconoscimento delle cuffie quando inserite o la selezione automatica dell’output via USB, sono in realtà dovute all’integrazione di numerosi chip sui nostri dispositivi che operano silenziosamente e nell’ombra. La loro importanza è essenziale, eppure non se ne parla quasi mai. Un gioco interessante (e un po’ da nerd, lo ammetto) è pensare alle funzioni del telefono e chiedersi: “ci vuole un chip per questo?”. Può essere divertente scoprire che la risposta è spesso positiva.

Ringrazio vivamente Matt Johnson e Masoud Beheshti e l’intero staff di Fairchild per la disponibilità.