Il fatto che trovo più positivamente sconvolgente e meraviglioso della tecnologia è che c’è sempre un campo nuovo di applicazione per qualunque cosa, che spesso si rivela utile per eseguire compiti cui nessuno aveva pensato prima. Un esempio? Voi avreste mai pensato di utilizzare un telefono per rendere autonomi dei robot in una stazione spaziale?

Google e la NASA hanno effettuato una dimostrazione utilizzando uno smartphone Project Tango leggermente modificato e montato su un satellite SPHERES della NASA. Si tratta di un piccolo robot in grado di muoversi grazie a delle bombole di CO2 che espellono gas. Precedentemente i robot SPHERES si avvalevano di un sistema di “fari audio” che, posti all’interno di un ambiente, permettevano di effettuare una triangolazione della posizione e muoversi quindi in spazi predefiniti.

Grazie a Project Tango, tuttavia, è possibile ricostruire in tempo reale un ambiente e rendere i robot più autonomi ed in grado di superare anche ostacoli non previsti. Precedentemente, SPHERES utilizzava un Nexus S come “cervello” con cui elaborare le informazioni, ma questi non permetteva un’autonomia effettiva come Project Tango.

L’obiettivo finale di questi esperimenti è la creazione di robot che possano aiutare o sostituire l’uomo in missioni su corpi celesti extraterrestri, come Marte o gli asteroidi. Perché, però, la NASA dovrebbe affidarsi a Google per un progetto come questo? La risposta è semplice: è inutile re-inventare la ruota quando l’ha già fatto qualcun altro. Meglio risparmiare i soldi dello sviluppo per portare l’uomo un po’ più in là, più vicino alle stelle.

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