Quello della privacy è un aspetto che negli ultimi anni è divenuto sempre più importante e giorno dopo giorno aumenta il numero di persone che ritengono essenziale salvaguardare i propri dati, ciò grazie anche alle tante campagne per sensibilizzare l’opinione pubblica sui rischi a cui è possibile andare incontro se non si fa attenzione a come vengono usate le informazioni fornite.

Spesso, tuttavia, si utilizza il Web con un po’ di superficialità e ciò in alcuni casi potrebbe portare a conseguenze anche piuttosto gravi, soprattutto se si finisce per visitare qualche sito “sbagliato”.

Privacy a rischio quando si naviga sul Web

Molti siti Web sono dotati di moduli da compilare, come ad esempio per accedere a un account o per crearne uno nuovo, per lasciare un commento pubblico o per contattare il proprietario del sito e una cosa che la maggior parte degli utenti di Internet potrebbe non sapere è che i dati digitati sui siti possono essere raccolti da tracker di terze parti anche prima che gli stessi vengano inviati.

Ebbene, un team di ricercatori europei ha analizzato la raccolta di dati di tracker di terze parti sui primi 100.000 siti Web globali e i risultati, che sono stati pubblicati in un documento che potete trovare qui, sono a dir poco preoccupanti per la privacy.

Stando a quanto è emerso, infatti, i dati che i tracker sono riusciti a “rubare”  includevano informazioni personali, come ad esempio l’indirizzo e-mail dell’utente, il nome, l’username e i messaggi che sono stati digitati nei moduli e, in 52 casi, anche la password.

La cosa più preoccupante è che la maggior parte degli utenti non è a conoscenza del fatto che gli script di terze parti, inclusi i tracker, possono raccogliere questo tipo di informazioni durante la digitazione sui siti. Anche durante l’invio di contenuti, la maggior parte potrebbe aspettarsi che i dati siano riservati e non “a disposizione” di terzi. Peraltro, i browser non rivelano l’attività all’utente e non vi è alcuna indicazione che i dati siano raccolti da script di terze parti.

Questa sottrazione di dati è il 60% più frequente negli Stati Uniti che in Europa (ciò probabilmente grazie alla normativa introdotta con il GDPR o General Data Protection Regulation) e il fenomeno riguarda la navigazione sia da dispositivi desktop che mobile, sebbene alcuni tracker siano stati trovati attivi esclusivamente su uno dei due tipi di device.

E dato che i browser Web non riescono a essere d’aiuto contro questo tipo di minaccia alla privacy, sta agli utenti preoccupati che i loro dati possano finire in mani sbagliate determinare quanto devono spingersi oltre e “partecipare” ad Internet.

Una possibile soluzione (seppur parziale) potrebbe essere quella di compilare soltanto i moduli relativi ai servizi di cui si è già certi di volere beneficiare, ovviamente accettando i relativi rischi.