Siamo, credo, tutti d’accordo nel dire che un PC ha una vita media più lunga di uno smartphone. Per quanto riguarda i tablet il confine è più sfumato, ma si può prendere per vera l’affermazione che la vita media sia inferiore rispetto a un PC. Tuttavia risulta difficile capire perchè ci sia così tanta differenza tra Android e Chrome OS: il primo è ufficialmente supportato sui dispositivi per appena 18 mesi, mentre il secondo gode da poco di un supporto di ben 5 anni.

Certo, gli avanzamenti in ambito mobile sono decisamente più sostanziosi e veloci rispetto a quelli in ambito PC, ma questo non toglie che un po’ più di supporto non guasterebbe anche nel mondo degli smartphone, dato che si è al punto che smartphone di 2-3 anni fa riescono ancora a gestire più che bene i carichi di lavoro imposti dalle applicazioni e dalle pagine web del giorno d’oggi. Non c’è quindi una reale necessità di cambiare hardware. Spesso l’unica differenza tra gli smartphone più vecchi e quelli appena annunciati è il software, con tutto quello che questo comporta: nuove funzionalità, maggiore stabilità, maggiore sicurezza e così via. Si è quindi portati a cambiare smartphone per gli aggiornamenti software, più che per quelli hardware.

Chrome OS deve soddisfare le aziende

Questa situazione è vera al contrario con Chrome OS: con gli aggiornamenti per 5 anni, si è più portati (visto il basso livello dell’hardware associato al sistema di Google) a cambiare il proprio computer per un cambiamento dell’hardware, più che del software. Maggiore potenza, maggiore autonomia e minore peso sono indubbiamente fra le motivazioni principali per la scelta del cambio. Certo le esigenze sono differenti e, in ogni caso, l’hardware attuale è più che in grado di soddisfare le esigenze di chiunque acquisti un Chromebook. Il discorso cambia, chiaramente, per le aziende e le organizzazioni (ad esempio le scuole): un supporto a lungo termine è indispensabile per avere successo in questi campi, poiché i rinnovi dei parchi macchine avvengono raramente e sono fatti per avere una base solida e duratura.

Perché scegliere quindi di togliere supporto a dispositivi che potrebbero vivere molto più a lungo e perché, invece, darne a dispositivi che hanno una vita media piuttosto bassa nel mondo consumer? Difficile a dirsi. Una valida (e probabilmente veritiera) risposta è che Google deve in qualche modo dare la possibilità ai partner che producono dispositivi Android di continuare a vendere e, per questo motivo, mantiene il supporto piuttosto corto. Se Google desse un supporto di tre anni ai dispositivi Android, nessuno comprerebbe più nuovi modelli ad esclusione dei più appassionati del settore.

Le aziende usano anche Android, dopotutto

D’altro canto, però, anche (e forse soprattutto) in questo campo le aziende hanno bisogno di dispositivi sicuri e aggiornati, poiché non è pensabile dare ai propri dipendenti dei dispositivi con cui gestire le comunicazioni e le informazioni aziendali che potrebbero contenere dei gravi bug di sicurezza che nessuno risolverà per scelte commerciali.

La soluzione, fortunatamente, esiste e non è fuori dalla portata di chiunque sappia seguire alla lettera delle istruzioni: si chiama custom ROM. L’aspetto indubbiamente positivo dei sistemi operativi aperti ed open source è che è possibile installarli su pressoché qualunque cosa – a patto di sapere come fare, ovviamente. Tuttavia anche prodotti destinati all’oblio come l’HP TouchPad, il primo (ed unico) tablet con webOS, rinascono grazie ad Android ed ottengono un grande supporto. Non tutti i dispositivi vengono supportati dalla comunità, purtroppo; tra questi mi viene in mente l’Acer Liquid S2, un dispositivo ottimo ma ignorato dagli sviluppatori.
Voi cosa ne pensate? Qual è il motivo per cui Android non viene supportato più di 18 mesi? Fatecelo sapere nei commenti.