TIM rischia una pesante sanzione da parte dell’Antitrust per il caso A514 aperto il 28 giugno 2017 dall’AGCM: la decisione finale verrà presa il 30 settembre. Tutto è cominciato quando TIM ha avviato il progetto Cassiopea, che aveva come obiettivo quello di portare la fibra almeno FTTC nelle zone italiane a fallimento di mercato, andando a sovrapporsi alle zone in cui normalmente dovrebbe posare i cavi Open Fiber, che difatti si è subito rivolta all’antitrust assieme ad Enel, Vodafone, Wind e Tre.

Secondo le indagini dell’AGCM, TIM avrebbe deciso di effettuare un “investimento non remunerativo mirato a scoraggiare l’entrata di Open Fiber”, abbassando anche i prezzi all’ingrosso nelle aree descritte così da consolidare i legami con il cliente: la “compressione dei margini” è infatti uno dei vari tasselli del puzzle, che rafforzano l’ipotesi del presunto comportamento anti concorrenziale dell’azienda. Anche le quote di mercato ultrabroadband dei vari operatori telefonici fanno dubitare della buona fede dell’azienda: dal 2016 al 2017 Vodafone e Fastweb sono passate dal 27,3% al 20,3% mentre TIM è cresciuta dal 42,6 al 48%. L’azienda ha cercato di scendere a patti fino al mese scorso, ma tutti i tentativi di accordo non sono stati considerati sufficienti dall’AGCM, che ha dato all’operatore telefonico tempo di presentare i documenti difensivi fino al 27 giugno.

Se a settembre la sentenza dovesse concludersi a svafore di TIM, date le criticità rilevate la sanzione massima potrebbe arrivare al 10% del fatturato, ovvero fino ad un totale di 3,7-6,2 miliardi di euro se si considerano assieme le vendite al dettaglio e all’ingrosso..