Dopo Vodafone, condannata nello scorso mese di aprile dal Tribunale di Ivrea in seguito a una azione collettiva promossa dal Movimento Consumatori, anche Wind Tre, TIM e Fastweb hanno dovuto pubblicare sui rispettivi siti la pronuncia del Tribunale di Milano relativa alla fatturazione a 28 giorni.

Le comunicazioni, sostanzialmente identiche per i tre operatori, riguardano l’inibizione delle clausole che prevedono il rinnovo, nei contratti di telefonia fissa, su base di 4 o 8 settimane, come disposto dalla legge 172/2017. Wind Tre ha voluto differenziarsi dai competitor sottolineando un aspetto a suo avviso fondamentale.

Wind Tre informa di aver già adeguato la fatturazione a mese solare dandone comunicazione ai propri clienti attraverso precedente avviso in fattura, sito, chiamata con risponditore automatico e email. Anche le condizioni generali di contratto disponibili sul sito https://www.infostrada.it/privati/moduli-utili/ sono state già aggiornate, eliminando qualsiasi riferimento alla periodicità di fatturazione a 28gg che, di conseguenza, non è più prevista.” 

Identica invece, nei contenuti e nelle forma, la comunicazione ufficiale che Fastweb, TIM e Wind Tre hanno dovuto pubblicare sui propri siti, relativa all’inibizione relativa alle fatturazioni a multipli di 28 giorni:

Il Tribunale di Milano, Sezione Undicesima Civile, all’esito di procedimento cautelare avviato da Associazione Movimento Consumatori, ha inibito a TELECOM ITALIA S.P.A. l’uso e gli effetti nei contratti di telefonia fissa (o di altri servizi offerti in abbinamento alla telefonia fissa), stipulati con i consumatori, di clausole che prevedono rinnovi e pagamenti su base temporale di 28 giorni/8 settimane. Sussiste, infatti, l’elevata probabilità che l’adozione e l’uso di tale periodicità, a far data dal 23.06.2017, leda diritti ed interessi collettivi dei consumatori, previsti dall’art. 2 Codice del consumo (1: diritto ad un’adeguata informazione ed ad una corretta pubblicità; 2: diritto a pratiche commerciali improntate a principi di buona fede, correttezza e lealtà; 3: diritto alla correttezza, alla trasparenza ed all’equità nei rapporti contrattuali) con violazione anche dei contenuti informativi minimi e del principio di trasparenza, previsti a favore dei consumatori utenti di servizi telefonici dagli artt. 70 e 71 Codice delle comunicazioni elettroniche. Sussiste, altresì, l’elevata probabilità che tale condotta si risolva in una pratica commerciale scorretta ingannevole, vietata dall’art. 20 Codice del consumo, in quanto l’adozione di tale periodicità (28 giorni), diversa da quella d’uso, appare contraria alla diligenza professionale ed idonea a falsare in maniera apprezzabile il comportamento economico del consumatore medio, rendendo difficile la valutazione delle offerte ed il confronto tra le medesime, anche ai fini dell’esercizio della facoltà di recesso gratuito, prevista dalla legge in caso di mutamento unilaterale delle condizioni del servizio da parte dell’operatore telefonico”

Nei giorni scorsi Alessandro Mostaccio, segretario generale del Movimento Consumatori, aveva invitato gli operatori ad evitare il ricorso al Tar, riconoscendo di fatto come ragionevole la delibera dell’AGCOM relativa alla restituzione degli importi indebitamente fatturati tra il 23 giugno 2017 e il 5 aprile 2018 (o comunque la data in cui gli operatori anno interrotto la fatturazione ogni 28 giorni.