C’è chi passa le giornate su WhatsApp per chattare con amici e parenti, per creare gruppi di calcetto o per organizzare una festa di compleanno. Se questi esempi di utilizzo di WhatsApp possono apparire banali e scontati, c’è chi ha pensato furbescamente – o almeno così credeva – di sfruttare l’applicazione di instant messaging per indicare l’ubicazione degli autovelox.

Secondo quanto ricostruito dal PM di Agrigento, Paola Vetro, un gruppo di 62 indagati utilizzavano una chat di gruppo su WhatsApp chiamata “Uomini immiezzu a via” (uomini mezzo alla strada). All’interno di questa venivano indicate con precisione la presenza di autovelox o di posti di blocco delle forze dell’ordine, il tutto evidentemente per evitarli.

Il gruppo di 62 indagati sono stati denunciati dal commissariato di Canicattì (AG) per interruzione di pubblico servizio in concorso. A dare il via all’indagine è stato il ritrovamento fortuito dello smartphone di uno degli indagati. Allo stato attuale si profila la richiesta di rinvio a giudizio o la citazione diretta.

Agli indagati, di cui fanno parte anche autisti di autoambulanze e camionisti, sarà forse concessa la possibilità di evitare il processo. Almeno questo è quello che sperano gli avvocati difensori Calogero Lo Giudice, Luigi Troja, Calogero Meli, Paolo Ingrao e Giovanni Salvaggio, cercando di produrre memorie difensive e puntando sulla richiesta di interrogatorio degli indagati.