L’ultimo rapporto IDC mostrava un mercato degli smart speaker in forte espansione, segno che sempre più utenti sono attratti dalla possibilità di controllare questi dispositivi e tanti altri semplicemente utilizzando la propria voce su Google Assistant e Amazon Alexa. Se da un lato ne riconosciamo l’utilità e l’immediatezza di utilizzo, dall’altro sono sempre maggiori i timori di chi teme per la propria privacy e ne vuole garantita la tutela.

I colleghi di TechCrunch hanno interpellato numerose aziende impegnate nel campo dei dispositivi smart per avere informazioni circa i tanto chiacchierati “transparency report“, ovvero dei rapporti in cui ogni azienda dichiara se e quante volte un governo abbia chiesto loro di condividere dati personali raccolti tramite questi prodotti.

Del resto è noto che smart speaker, smart TV, smartphone, telecamere smart, campanelli smart, termostati smart, enne-dispositivi smart, sono in grado di raccogliere informazioni molto personali sulle nostre abitudini di acquisto, cosa vediamo, con chi interagiamo, da quale regione e città guardiamo la TV e molto altro.

Tutte queste informazioni possono essere utilizzate dalle forze dell’ordine per consegnare un ladro alla legge o, com’è realmente accaduto, per sgominare una gang. Malgrado alcune risposte vaghe da parte delle più importanti aziende impegnate in questo ambito – August, iRobot, Arlo, Amazon, Honeywell, Samsung, Ecobee e tante altre -, è abbastanza chiaro che ancora molto dev’essere fatto per garantire a noi utenti trasparenza sull’utilizzo che le aziende fanno dei nostri dati, anche e soprattutto quando queste possono condividerle con il governo.