Tante parole sono state spese sulla tematica della sicurezza online legata alle piattaforme che sempre più si dotano di sistemi di crittografia della informazioni; in un tema caldo come quello del terrorismo, la stessa WhatsApp è stata presa di mira da molti, colpevole secondo questi di aiutare i terroristi non consentendo ai governi di aver libero accesso alle informazioni che gli stessi si scambiano proprio tramite il servizio di messaggistica istantanea. Ma se la realtà fosse l’esatto opposto?

22 marzo 2017: Khalid Masood è l’artefice dell’attentato terroristico che uccide cinque persone e ne ferisce altre cinquanta a pochi passa dal Parlamento inglese; pochi istanti prima, Masood utilizza WhatsApp, ma ciò che scrive è inaccessibile per via della crittografia end-to-end implementata dall’applicazione. A gran voce, in molti chiedono a Facebook di rimuovere il sistema di protezione della sua applicazione di messaggistica, e di permettere alla polizia di accedere ai messaggi: secondo Sheryl Sandberg, chief operating officer di Facebook, una tale mossa aiuterebbe i terroristi stessi.

L’obiettivo per i governi è di ottenere più informazioni possibili, e così quando ci sono servizi criptati come WhatsApp il messaggio stesso è criptato ma non i metadati. Questo significa che quando mi invii un messaggio noi (inteso come Facebook) non sappiamo cosa dice il messaggio ma sappiamo che mi hai contattato. 

The goal for governments is to get as much information as possible, and so when there are message services like WhatsApp that are encrypted the message itself is encrypted but the metadata is not. Meaning that when you send me a message we don’t know what that message says but we know that you contacted me.

Da queste parole la conclusione è semplice: se le persone abbandonassero questi servizi criptati (perché non più ritenuti sicuri e “privati”) in favore di altri servizi che non rendono accessibili nemmeno i metadati, ecco che i governi perderebbero anche le poche informazioni che riescono ad ottenere ora. I terroristi, infatti, non più protetti dal sistema di crittografia, smetterebbero di usare WhatsApp in favore di altri servizi, e oltre a non conoscere il contenuto del messaggio i governi non conoscerebbero nemmeno l’esistenza di quel messaggio.

Facebook da tempo si adopera per cercare di frenare l’estremismo online; la stessa Sandberg ha affermato come siano ben 4500 le persone al lavoro per contrastare i terroristi che usano il sito, con molte altre in arrivo. Non solo, perché anche sistemi di intelligenza artificiale sono scesi in campo per individuare i contenuti “estremi” prima ancora che questi vadano online.

Ruolo importante lo gioca anche la collaborazione con altri colossi tecnologici, così che se un video è stato identificato come “estremo” da Facebook su una delle proprie piattaforme, l’identificazione varrà anche per gli altri e impedirà il passaggio da piattaforma a piattaforma.

Che ne pensate del ragionamento di Sheryl Sandberg? Secondo voi i sistemi di crittografia come quello implementato su WhatsApp lavorano o meno a favore della sicurezza comune?

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