La pirateria ha mutato forma nel corso dei secoli: dalle lotte contro gli Illiri che disturbavano i commerci di Roma si è passati ai pirati dei Caraibi (ben diversi, in realtà, dalle più famose imitazioni cinematografiche) per poi giungere – mantenendosi sullo stesso filone – agli attuali pirati del Corno d’Africa. Da circa una decina d’anni, però, la parola “pirata” è andata sempre più verso l’accezione del “criminale informatico” che scarica da Internet contenuti protetti dal copyright. Questi atti sono sempre stati condannati dall’industria, soprattutto musicale e cinematografica, che ha sempre più colpevolizzato il pirata e ha fatto sempre maggiore pressione sui governi affinchè si cercasse di limitare il fenomeno.

La domanda che molti, ultimamente, si stanno ponendo è la seguente: ma la pirateria è davvero un danno? Uno degli assiomi dei passati cinque anni è stato che “ogni copia piratata è una vendita in meno“. Ciò, tuttavia, non corrisponde necessariamente a verità. Sono tanti coloro che scaricano un brano musicale perchè non sanno se comprare l’album e hanno bisogno di una “demo” su cui basare il proprio giudizio; allo stesso modo sono tanti coloro i quali scaricano brani musicali e film con il solo scopo di scaricarli e senza alcuna intenzione di comprare il relativo CD/DVD. Come in tutte le cose umane, però, le sfumature sono mille e ancora mille: non è possibile racchiudere in categorie rigide e inalterabili le persone, poichè per nostra stessa natura siamo tutti diversi e tendiamo sempre più a diversificarci.

Addirittura, secondo una ricerca inglese pubblicata qualche tempo fa, coloro che scaricano brani musicali da Internet si rivelano poi essere coloro che più frequentemente acquistano CD. Il modello propinatoci per lungo tempo dai media e dalle case discografiche – nonchè dai produttori di software, dai produttori cinematografici, dall’editoria e così via – è fallimentare e non rappresenta la realtà.

Ripetete con me: io non scaricherò illegalmente questa immagine…

Il CEO di Rovio Mikael Hed, la nota software house responsabile dello sviluppo di Angry Birds, la pensa differentemente dalla maggioranza dei suoi colleghi (Ubisoft su tutti).

We could learn a lot from the music industry, and the rather terrible ways the music industry has tried to combat piracy.

Potremmo imparare moltissimo dall’industria musicale e dai modi piuttosto terribili con cui l’industria musicale ha tentato di combattere la pirateria.

Il sogno di tutti è un mondo in cui tutti comprino ciò di cui usufruiscono, così da remunerare i lavoratori. Visto che, però, al momento parliamo di qualcosa degno di Thomas More, la domanda che Hed si fa è: vale la pena spendere milioni di dollari nel tentativo (infruttuoso) di combattere la pirateria? La risposta non è necessariamente positiva.

Piracy may not be a bad thing; it can get us more business at the end of the day.

La pirateria potrebbe non essere una cosa malvagia; alla fine può portarci affari maggiori.

L’affermazione non è di poca portata, soprattutto se contestualizzata: Hed l’ha pronunciata alla conferenza Midem a Cannes, raduno annuale dell’industria musicale. Hed afferma che Rovio vede la strada dei tribunali come una soluzione senza senso, tranne nel caso in cui prodotti piratati danneggino direttamente Rovio. Se tali prodotti non ufficiali non arrecano però danno all’immagine della compagnia, allora possono essere visti come un modo per aumentare la base di fan. A pensarci, non è del tutto sbagliato: è pubblicità gratuita, per cui la compagnia non guadagna nulla dai prodotti piratati ma viene diffusa la conoscenza del prodotto. D’altronde, la compagnia non trae guadagni dai prodotti piratati, ma non spende neppure in pubblicità. Più persone che giocano ad Angry Birds significano più persone che ne sono a conoscenza, e dunque più fan pronti a far aumentare i profitti di Rovio in futuro.

We took something from the music industry, which was to stop treating the customers as users and start treating them as fans. We do that today: we talk about how many fans we have.If we lose that fanbase, our business is done, but if we can grow that fanbase, our business will grow.

Abbiamo imparato qualcosa dall’industria musicale, che è di smettere di trattare i clienti come utenti e cominciare a trattarli come fan. Questo noi facciamo oggi: parliamo di quanti fan abbiamo. Se perdiamo quella base di fan, il nostro business è morto, ma se noi possiamo far crescere tale base, il nostro business crescerà.

Un aspetto da molti lamentato, soprattutto nei riguardi di compagnie software come Ubisoft, è la scarsa considerazione che le compagnie dimostrano nei confronti degli utenti: l’utente è trattato come un pirata certo, come una persona il cui unico obiettivo è fregare il prossimo ed in particolare l’autore del contenuto. Se si desidera un esempio, basti pensare al messaggio “la pirateria è un reato” presente in tutti i DVD acquistati legalmente: l’utente che dà i propri soldi per comprare un film si vede rinfacciare messaggi contro la pirateria e, indirettamente, si vede accusato di essere un pirata ed un criminale.

Questo simpatico avvertimento c’è anche per chi paga danaro sonante. I pirati ormai hanno già scaricato il film, cosa gli importa?

 

I DRM sempre più restrittivi ed assurdi applicati nell’industria dei videogiochi sono una ulteriore prova: si è arrivati ad avere giochi che richiedono la connessione Internet permanente ed i cui salvataggi non sono in locale, ma sui server della software house. Tali limitazioni non fanno che limitare ed ostacolare l’utente onesto, poiché è provato e riprovato e che i sistemi di protezione durano non più di qualche giorno prima di essere crackati. In questo modo, i pirati possono usufruire tranquillamente dei prodotti mentre gli utenti onesti si vedono limitati insensatamente e senza possibilità di rimedio.

Un esempio recente è relativo al gioco Assassin’s Creed: Ubisoft ha infatti sospeso l’erogazione del servizio di sincronizzazione tra client e server, rendendo di fatto inusabile il gioco legalmente acquistato. L’utente che ha pagato – magari anche 50€ – il gioco si vede impossibilitato ad usufruirne, mentre l’utente che ha effettuato un download illegale da Internet può continuare a godere del gioco senza problema alcuno. La questione ha sollevato un vespaio di notevoli dimensioni, con numerosi utenti che hanno dichiarato l’intenzione di non acquistare più alcun prodotto della software house francese.

Il caso di Assassin’s Creed è solo uno dei molti: dagli ebook che possono essere letti solo su uno specifico ereader fino ai brani musicali che possono essere ascoltati solo su uno specifico computer o lettore multimediale. Indubbiamente l’approccio di Rovio è molto differente da quello dell’industria musicale e del software. Questa filosofia potrebbe essere una risposta per tutte molte compagnie, poichè la spesa per procedure legali inconcludenti e inutili è pari a zero.

Mikael Hed ha menzionato il fatto che Rovio sta combattendo la pirateria in altri modi: ad esempio, inserendo un link diretto allo store gestito da loro stessi all’interno delle applicazioni. Questo è un modo sia per ottenere guadagni dai “cattivi” sia per spingere sempre più utenti a passare al “Lato buono della Forza”. Tutto questo non è un’apologia della pirateria, intendiamoci: noi di Tutto Android siamo fermamente contro qualunque tipo di pirateria e non approviamo alcuna scusa a riguardo. Se si vuole qualcosa, la si compra. Se non ci si può permettere ora il gioco per la PlayStation a 60€, basta aspettare che scenda di prezzo o rivolgersi ai mercatini dell’usato. E questo discorso è valido per qualunque tipo di prodotto.

Come giustamente fanno notare i ragazzi di Android and Me, però, c’è anche un effetto psicologico inverso: si tende quasi sempre ad essere più dediti verso i compiti assegnati da qualcuno che è aperto e gentile, poichè si crea una sorta di legame di mutua approvazione. Si crea un legame di fiducia, che porta ad essere responsabili poiché si è stati trattati bene. Se qualcuno ci dà fiducia, tendiamo istintivamente a comportarci correttamente. Pare essere questo ciò che c’è dietro al ragionamento di Rovio, e non possiamo che approvarlo e assecondarlo.

Voi cosa ne pensate? È giusto piratare, oppure è giusto pagare le persone per il lavoro che svolgono? È giusta la visione di Rovio, oppure è meglio l’approccio dell’industria musicale e cinematografica?