È un Pavel Durov schietto e che non fa ricorso e strani giri di parole quello che ha affidato a un lungo messaggio rivolto ai propri utenti le riflessioni sui recenti avvenimenti che hanno visto coinvolta WhatsApp. Se vi foste persi qualcosa, ricordiamo che la più famosa tra le app di messaggistica istantanea ha rivelato di aver corretto una vulnerabilità che permetteva a un malintenzionato di accedere ai dati contenuti nello smartphone con una semplice telefonata, senza che fosse nemmeno necessario rispondere.

Il fondatore di Telegram, da anni si batte per far cambiare opinione alla gente, che utilizza WhatsApp senza essere pienamente cosciente dei tanti rischi di sicurezza a cui va incontro. Se inizialmente WhatsApp non aveva implementato alcun sistema di crittografia, consentendo a chiunque di intercettare i messaggi scambiati, le cose non sono migliorate, se non dal punto di vista del marketing, dopo l’introduzione della crittografia end-to-end.

Come sottolinea Durov, l’introduzione della funzione di sicurezza è coincisa con quella del sistema di backup sul cloud, spinta in maniera pressante dalla compagnia. Che però si è dimenticata di ricordare ai propri utenti che i dati salvati sul cloud sono privi di qualsiasi crittografia e leggibili da chiunque riesca ad accedervi.

Pavel Durov ricorda la lettera con cui i fondatori di WhatsApp si sono in qualche modo scusati con i propri utenti, ammettendo di aver venduto la loro privacy per denaro. C’è chi, proprio come il creatore di Telegram, ha preferito lasciare il proprio Paese piuttosto che cedere alle pressioni governative, e chi invece ha lasciato delle backdoor affinché governi e agenzie segrete possano accedere ai dati degli utenti.

Si tratta di affermazioni ampiamente documentate, con tutti i riferimenti indicati nella lettera di Durov, che potete leggere a questo indirizzo.