L’utilizzo delle impronte digitali per sbloccare gli smartphone è ormai cosa nota a tutti. In diversi ambiti questa “firma personale” viene però utilizzata anche per provare la colpevolezza di un indagato, sebbene spesso è difficile se non impossibile riuscire a certificare la sua presenza nell’esatto momento in cui si è consumato il crimine.

Tutto potrebbe cambiare con una interessante tecnica sviluppata dalla Iowa State University che permette di datare le impronte digitali. Per farlo studia la degradazione dei trigliceridi insaturi – particolare classe di acidi grassi – al contatto con l’ozono presente nell’aria.

Presto una nuova tecnica permetterà di datare con precisione le impronte digitali

Il naturale sebo delle nostre impronte digitali è infatti costituito da questa famiglia di acidi grassi, in quantità differente da persona a persona. Valutando la degradazione dei trigliceridi insaturi tramite la spettrometria di massa, si riesce a stabilire da quanto tempo una data impronta digitale è stata impressa su una superficie.

impronte digitali datazione tecnologia

Difatti, come si può notare dall’immagine qui sopra, è evidente la degradazione dei trigliceridi insaturi con il passare del tempo. Se già al giorno 1 è piuttosto visibile una “degradazione parziale” dei trigliceridi insaturi, dopo appena 3 giorni ne rimane una traccia appena percettibile.

La tecnologia sviluppata dal gruppo di ricerca dell’università americana permette inoltre di lavorare a braccetto con le attuali tecniche forensi. Ad esempio, l’utilizzo della polvere per individuare le impronte digitali non inficia la capacità di misurare la concentrazione dei trigliceridi.

Se questa tecnologia entrerà realmente nell’iter di analisi utilizzate in una scena del crimine, per le forze dell’ordine sarà molto più semplice indicare con certezza da quanto tempo il sospettato si trovava sul luogo del crimine.