Che i dati sull’attività fisica e le calorie consumate dei tracker “da polso” non fossero il massimo dell’affidabilità, in fondo, lo sapevamo già. Nessuno può pretendere da un indossabile la stessa accuratezza di apparecchiature professionali, costose e certamente più ingombranti; ma in pochi hanno contezza del margine d’errore commesso.

La risposta arriva da un’indagine del Consumer Council di Hong Kong che ha analizzato le prestazioni di 17 smartwatch – con prezzi dai 479 ai 6.090 dollari – e 3 fitness tracker – da 219 a 1.298 dollari – rilevando misurazioni talvolta molto diverse da un modello all’altro. Tutti quanti invece hanno evidenziato un comportamento curioso: sottostimano i passi rispetto a quelli fatti realmente ma sovrastimano (con picchi dell’88%!) le calorie consumate.

È evidente che la miniaturizzazione dei sensori fa sì che ad un differente posizionamento rispetto al polso, pur minimo, corrisponda una grande variazione della precisione dei dati raccolti, che nei test ha toccato dei minimi del 51% nella camminata. La situazione si ribalta nel monitoraggio della corsa, attività che mandano giù bene un po’ tutti i modelli in test, con punte, per quanto riguarda quattro di essi, del 99,5% di precisione rispetto alle apparecchiature professionali.

Per cui occhio a non prendere troppo alla lettera ciò che dicono i piccoli strumenti da polso.