Quello della privacy è un argomento sempre più caldo e, dopo lo scandalo di Cambridge Analytica, Facebook è stata sottoposta a pesanti controlli mentre gli utenti sembrano generalmente più consapevoli e preoccupati per il fatto che alcuni dei loro dati potrebbero non essere molto riservati.

Di recente sono state presentate due cause legali collettive contro Facebook e Google e in entrambe si sostiene che le aziende si impegnano in pratiche ingannevoli, lasciando che gli utenti credano di aver disabilitato il tracciamento della posizione mentre i dati vengono ancora “segretamente” raccolti.

Nella causa contro Facebook si sostiene che, anche se un utente si disconnette da Cronologia delle posizioni all’interno delle impostazioni Privacy dell’app, i social media raccoglieranno comunque un portafoglio di “posizioni stimate” per questa persona, analizzando gli indirizzi IP e i dati locali Wi-Fi.

Nella causa contro Google l’accusa rivolta al colosso di Mountain View è quella di essere ingannevole con le varie opzioni relative alla privacy. Entrando nella pagina delle attività di Google e disattivando la Cronologia delle posizioni, verrà visualizzato un messaggio che informa che se questa impostazione è disabilitata, non si potrà usufruire dei vantaggi della cronologia delle posizioni.

Ciò lascia supporre che Google non registrerà più la posizione ma se si va nel menu che controlla le attività, nella sezione Web & App Activity c’è un altro interruttore che, se lasciato attivato, ricorderà le attività sui siti web e le app di Google, incluse le informazioni come la posizione corrente.

Ebbene, non tutti sanno che devono disattivare anche tale interruttore per impedire a Google di raccogliere i dati sulla propria posizione.