A fine settembre abbiamo visto come Amazon Alexa fosse stata integrata in dispositivi estremamente particolari, addirittura lontani anni luce dai soliti a cui siamo abituati. L’arrivo dell’assistente digitale su occhiali, anelli e addirittura forni microonde, ha in qualche modo anticipato una strategia che quest’oggi Amazon espone senza mezzi termini.

L’idea del colosso dell’eCommerce è quella di rendere “smart” un gran numero di dispositivi “minori”, ovvero muniti di una controparte hardware molto basilare. Infatti, se ad oggi Amazon Alexa necessita di almeno 100 MB di RAM e di una CPU Cortex-A per poter funzionare, in un futuro prossimo necessiterà di appena 1 MB di RAM e del supporto di CPU Cortex-M.

A confermarlo è Dirk Didascalou, Vice Presidente dell’area IoT di Amazon Web Services (AWS), in cui dichiara che la stragrande maggioranza delle operazioni computazionali richieste verranno svolte nel cloud, e non più in locale come invece avviene adesso. Questo permette ad un gran numero di aziende di inserire Alexa Voice Service in dispositivi muniti di CPU Cortex-M e con 1 MB di RAM, dove il quantitativo minimo di memoria verrà utilizzato solo per consentire all’assistente digitale di attivarsi in seguito all’utilizzo keyword di attivazione, “Hey, Alexa”.

Un hardware così minimale prodotto da aziende come NXP e Qualcomm, permette alle aziende di ridurre i costi di produzione di oltre il 50%, mentre noi utenti potremo comandare interruttori, lampadine, giocattoli e tutta una nuova serie di oggetti semplicemente con comandi vocali.

Parafrasando le parole di Didascalou, Amazon mira a creare un ambiente in cui Amazon Alexa sarà disponibile ovunque, anche nel dispositivo più semplice e “dumb” presente in casa. Un sogno per i più nerd; un incubo per i paladini della privacy.