Si è finalmente conclusa la vicenda che ha avuto come involontaria protagonista Xiaomi che a gennaio, sul finire del mandato del presidente USA Donald Trump, era stata inserita nella blacklist del Dipartimento della Difesa degli Stati Uniti. A differenza di quanto accaduto con Huawei, il ban verso Xiaomi riguardava esclusivamente gli investimenti, anche se tra i principali investitori della compagnia asiatica ci sono numerose società a stelle e strisce.

Xiaomi rimossa dalla blacklist

La risposta di Xiaomi era stata immediata e a pochi giorni dall’inserimento nella lista nera era stata avviata un’azione legale, volta alla rimozione da tale elenco. Successivamente era emerso che il ban era stato emesso su basi infondate, semplicemente perché il CEO e co-fondatore, Lei Jun, aveva ricevuto un premio quale imprenditore di successo ed esempio per il Paese.

Com’era logico attendersi la corte americana a cui si era rivolta Xiaomi ha dato ragione al produttore cinese, affermando che non sussisteva alcuna base giuridica per l’inserimento nella blacklist, visto che le accuse di legami con il partito comunista e con l’esercito di liberazione popolare sono completamente infondate.

Nei giorni scorsi le parti avevano trovato un accordo e il Dipartimento della Difesa degli Stati Uniti si era detto pronto a rispettare le decisione del giudice, e a rimuovere di conseguenza Xiaomi dalla lista dei partner con cui non era possibile avere rapporti finanziari. Ieri è stato scritto quello che dovrebbe essere il capitolo finale dell’intera vicenda, come segnala la stessa Xiaomi.

La Corte distrettuale degli Stati Uniti per il Distretto di Columbia ha emesso, il 25 maggio, l’ordine finale che impone al Dipartimento della Difesa di togliere Xiaomi dalla lista delle compagnie affiliate all’esercito cinese. In questo modo è stato definitivamente tolto il veto per gli investitori americani, che potranno continuare a detenere e acquistare azioni della compagnia cinese.

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Questo il pensiero di Xiaomi, espresso in un comunicato stampa diramato poco dopo la pubblicazione della sentenza, che libera Xiaomi da un peso non certo indifferente.