Nell’ambito di un indagine aperta dal governo Britannico, il consulente legale di Spotify, Horacio Gutierrez, ha sostenuto che aumentare i prezzi dei servizi di streaming musicale potrebbe risultare controproducente.

La tesi sostenuta da Spotify è che gli utenti potrebbero tornare a ricorrere alla pirateria, in quanto i prezzi praticati dall’azienda svedese sono gli stessi da un decennio. La cosa avrebbe creato un abitudine difficile da scardinare e giustificare un aumento del prezzo sarebbe altrettanto complicato. Inoltre insieme agli altri servizi di streaming si è scagliata contro YouTube, che rappresenterebbe una minaccia per il settore.

L’industria musicale è però ormai da anni determinata a migliorare i compensi per artisti e lavoratori del ramo e chiede a gran voce un aumento dei prezzi per gli utenti o un miglioramento delle condizioni economiche con i servizi di streaming.

spotify pirateria

YouTube paga meno

Durante l’udienza sono stati ascoltati anche i legali degli altri servizi di streaming (Amazon, Apple) i quali hanno cercato di screditare YouTube, che secondo la loro tesi, essendo un servizio gratuito che propone molta musica, non permette loro di fare valutazioni economiche accurate.

Non hanno tutte le licenze per la musica che adoperano, e non ne hanno nemmeno bisogno” ha dichiarato Elena Segal di Apple Music, riferendosi alla possibilità di YouTube di poter scaricare la responsabilità dell’upload di contenuti sottoposti a copyright sugli utenti. Questa ha poi continuato sostenendo che anche quando le licenze vengono pagate, YouTube le paga comunque molto meno dei concorrenti.

La Segal sostiene inoltre che a differenza di Netflix e Disney Plus, che possono vantare cataloghi di film e serie tv diversi, sui servizi musicali le canzoni sono uguali per tutti, rendendo ancor più complicato un eventuale aumento dei prezzi. Questo è confermato anche da Amazon e Spotify i quali hanno confermato che qualora YouTube dovesse cessare di esistere continuerebbero a proporre i loro servizi gratuiti e supportati da pubblicità.

youtube

Nuovi modelli proposti

Durante la discussione comunque sono stati proposti nuovi modelli di remunerazione per gli artisti. Uno di questi prevede che i compensi vengano pagati in base alla musica ascoltata dal singolo utente e non una divisione dei compensi proporzionale in base ai tempi di ascolto come avviene ora. In pratica, se una persona ascoltasse su Spotify un solo artista, questo verrebbe remunerato interamente dagli introiti prodotti dall’utente.

Siamo sicuri che questa discussione continuerà ancora per un po’, visto che le parti in gioco sono molte e hanno interessi molto differenti tra loro. Non tarderemo ad aggiornarvi nel caso ci siano nuovi sviluppi.