Gli smartphone della linea Pixel di Google sono tra i migliori per quanto riguarda la fotografia e buona parte del merito va ai sofisticati algoritmi che rendono possibile quella che, a un occhio inesperto, può sembrare magia.

Una delle più importanti novità arrivate con Google Pixel 5 e Google Pixel 4a 5G è indubbiamente Portrait Light, che permette di scattare ritratti quasi perfetti grazie alla possibilità di avere sempre l’illuminazione giusta. E se non vi dovesse piacere è sempre possibile regolarla manualmente, per ottenere l’effetto desiderato.

Oggi Google ci svela come ha fatto a ottenere quello che, in una foto realizzata in studio, richiederebbe una attrezzatura ingombrante e costosa. Come sempre il colosso californiano ha scelto l’approccio basato sui dati e per ottenerli ha costruito il particolare dispositivo che vedete in copertina e nell’animazione sottostante.

Google Portrait Lighting Rig

Questa particolare struttura di forma sferica è stata realizzata con 64 fotocamere e 331 punti luce LED programmabili ed è stata utilizzata per fotografare numerose persone. I soggetti erano diversi per forma del viso, abbigliamento, genere, colore della pelle, pettinatura e accessori, al fine di ottenere il maggior numero di dati possibili da cui partire per le elaborazioni.

In questo modo Google è riuscita a stabilire come ogni tipo di pelle, di capelli e di abbigliamento incidesse sulla luce e sui riflessi, per realizzare immagini realistiche in ogni condizione. Non è quindi stato necessario creare un algoritmo in grado di prevedere il possibile aspetto di ogni immagine in base alla sorgente luminosa, visto che con le migliaia di foto scattate è stato creato un modello accurato che si occupa di applicare la corretta illuminazione.

Per applicare correttamente le luce scelta dall’utente durante le modifiche è stato necessario creare ulteriori modelli di machine learning, in grado di riconoscere le superfici e il loro livello di opacità, creare una mappa di visibilità della luce da utilizzare per generare un’immagine che tenesse conto di tutti i parametri.

Grazie alle numerose ottimizzazioni apportate dagli sviluppatori il modello persa appena 10 MB ed è in grado di restituire risultati davvero sorprendenti, come mostrano gli esempi sottostanti. Per Google comunque si tratta solamente di un primo passo verso ulteriori controlli per le fotocamere degli smartphone, pensati per aggiungere effetti di luce in post-produzione sfruttando sempre più il machine learning.