Di recente la cancelliera tedesca Angela Merkel aveva sollecitato il Vecchio Continente ad elaborare una linea comunitaria sulla partecipazione di Huawei allo sviluppo dell’infrastruttura 5G. Ciò, almeno per il momento, non è ancora avvenuto e nel consueto rapporto annuale del COPASIR era pressoché inevitabile che la vicenda venisse trattata.

Nel rapporto finale dell’indagine conoscitiva sulla sicurezza delle telecomunicazioni, il COPASIR – che lo ricordiamo è il Comitato parlamentare per la sicurezza della Repubblica – auspica “un innalzamento degli standard di sicurezza idonei per accedere all’implementazione di tali infrastrutture”, ritenendo opportuna la valutazione dello scenario che escluda le aziende cinesi “dall’attività di fornitura di tecnologia per le reti 5G”.

Nelle conclusioni del rapporto, il COPASIR è ancora più diretto: “Il Comitato non può che ritenere in gran parte fondate le preoccupazioni circa l’ingresso delle aziende cinesi nelle attività di installazione, configurazione e mantenimento delle infrastrutture delle reti 5G”. L’accusa mossa a Huawei di praticare lo spionaggio industriale in virtù dei legami con il Partito Comunista Cinese tuttavia non è sorretta da prove, come evidenzia la stessa azienda orientale.

Alla luce del fatto che nel corso di una storia trentennale nel settore ICT non si sono mai verificati incidenti sulla sicurezza delle reti, Huawei ha voluto ribadire la ferma convinzione che dietro qualsiasi accusa ci siano ragioni geopolitiche.