Un teardown di Huawei P40 ci aveva mostrato come il top di gamma del colosso cinese montasse ancora alcuni componenti realizzati da compagnie USA come SkyworksQorvo e Qualcomm. Nella nostra news sottolineavamo l’altissima probabilità che questi fossero semplicemente delle “riserve di magazzino” e che la compagnia non avesse in qualche modo raggirato le stringenti limitazioni del ban USA contro Huawei.

Componenti da aziende cinesi e giapponesi

In queste ore l’azienda giapponese Fomalhaut Techno Solutions ha effettuato il teardown di Huawei Mate 30 confermando il crollo di componenti USA nel terminale Android di Huawei. Nello specifico è possibile notare adesso la presenza di alcune parti provenienti da aziende cinesi non meglio note, segno che la compagnia è sempre più portata a guardare al mercato interno per quanto riguarda l’approvvigionamento di materiali utili per realizzare i propri smartphone.

Il calo della percentuale di componenti USA è piuttosto importante: si passa infatti da circa l’11% nell’era pre-ban, se così possiamo chiamarla, ad appena l’1% di oggi. Giappone, Cina e Sud Corea sono ad oggi i paesi che forniscono il colosso dei componenti necessari per la realizzazione degli smartphone, ed è probabile che continuerà ad essere così per ancora molto tempo.

Del resto la volontà di Trump di prolungare il ban fino a maggio 2021 non fa che rendere ancora più critica e delicata una situazione già difficile di suo, soprattutto nel panorama internazionale. Sappiamo che Huawei può ancora contare su un enorme mercato in Cina, ma l’appetibilità dei terminali Android senza i servizi Google è una spina nel fianco per Huawei, forse anche per colpa nostra che continuiamo ad essere troppo dipendenti da Google nonostante sia possibile sfruttare a pieno uno smartphone Huawei grazie all’AppGallery e ai HMS.

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