Non è per nulla semplice inquadrare nel complesso il periodo attuale di Huawei. I risultati sono sì sorprendentemente positivi – l’azienda, lo ricordiamo, ha appena soffiato a Samsung il primato mondiale delle vendite – ma vanno interpretati per essere letti nella maniera corretta.

A causa della guerra commerciale tra Stati Uniti e Cina e il clamoroso divorzio da Google che ne è derivato, la multinazionale di Shenzhen ha perso terreno in molte regioni del mondo ma di contro, per sua fortuna, ha incrementato il dominio nel mercato di casa più di quanto sia calata altrove, risultando così complessivamente il primo produttore di smartphone al mondo.

Tuttavia una riflessione dei colleghi di androidauthority.com evidenzia come il futuro di Huawei sia tutt’altro che in discesa, ed è la stessa sopravvivenza dell’azienda ad essere a rischio se la risposta alla prossima sfida non dovesse rivelarsi quella corretta.

La ricerca di una mamma per i Kirin di Huawei

Il provvedimento dell’amministrazione Trump, motivato da ragioni “di sicurezza nazionale”, estende i propri effetti anche ai produttori di componenti stranieri che utilizzano o concedono in licenza tecnologia americana, il che rende impossibile a TSMC o Samsung produrre chip per Huawei.

Senza un partner produttivo i SoC Kirin di Huawei, banalmente, non potranno più esistere, quindi, a meno di una svolta positiva nelle relazioni tra le due potenze mondiali o di un’alternativa che allo stato attuale pare improbabile, i Huawei Mate 40 potrebbero essere gli ultimi Huawei spinti da un Kirin.

A pagarne le conseguenze non sarebbero solo gli smartphone ma l’intero business di Huawei, quindi router, switch di rete, tablet e tutti quei prodotti alimentati da un SoC Kirin. Tra le possibilità ci sarebbe il passaggio dei Kirin alle linee produttive cinesi di SMIC (Semiconductor Manufacturing International Corporation), ma non sembra percorribile per diverse ragioni.

SMIC è parecchio in ritardo in fatto di processi produttivi: realizza componenti a 14 nanometri quando TSMC ha già programmato il passaggio ai 5 nanometri e lo stesso SoC utilizzato oggi dai top di gamma Huawei, il Kirin 990, beneficia di un processo a 7 nanometri. In altre parole l’efficienza di un chip prodotto da SMIC sarebbe lontano dalle esigenze dei top di gamma, e potrebbe essere spendibile per le fasce di mercato inferiori.

Comunque, ed è questo il problema maggiore, rimarrebbe una soluzione di breve periodo dal momento che SMIC utilizza apparecchiature prodotte negli USA. Se c’è da ripartire da zero, Huawei deve programmare con un orizzonte di lungo termine. Impossibile chiedere l’aiuto degli americani di Qualcomm per motivi intuibili, e nemmeno quello che passa dagli Exynos di Samsung per ragioni simili ed una capacità produttiva sufficiente a coprire le esigenze interne.

MediaTek non convince, ma è l’unico candidato

E quindi anche se l’ipotesi che sia MediaTek a salvare Huawei lascia freddi i dirigenti cinesi al momento pare sia l’unica strada percorribile. Andrà presumibilmente chiuso il cerchio intorno al SoC top di gamma Dimensity 1000 di MediaTek e sui suoi successori, e questo nonostante le rilevazioni di AnTuTu non facciano strabuzzare gli occhi. Alcuni esperti suggeriscono che già quest’anno gli ordini di Huawei verso i connazionali di MediaTek cresceranno del 300% a causa del ban commerciale, per cui la strada futura sembra tracciata.

Comunque se Huawei puntasse davvero con decisione su MediaTek, i problemi non sparirebbero di colpo: i SoC Kirin infatti sono il segreto di molti vantaggi competitivi. Le eccellenti capacità fotografiche dei prodotti Huawei sono merito di un chip per l’elaborazione delle immagini (ISP) integrato nei Kirin che supporta l’algoritmo di riduzione del rumore BM3D e l’esclusiva tecnologia RYYB dei sensori.

Anche l’avanguardia dei prodotti di Shenzhen in termini di machine learning trova spiegazione in un “segreto”, quell’architettura proprietaria Da Vinci che consente zoom ad altissima risoluzione, un riconoscimento vocale efficiente, la sicurezza di sistemi di sblocco come il riconoscimento del volto, eccetera. Questi ed il maggior numero dei vantaggi riconducibili ai Kirin dovrebbero quindi essere trasferiti su SoC differenti, con nessuna garanzia che rendano alla stessa maniera.

L’abbandono di Google, lo avrete capito, è quasi il minore dei problemi figli del ban commerciale. C’è una sfida ancora più grande da affrontare: ci sono pochi dubbi che Huawei abbia intenzione di prendere il toro per le corna, ma sarà in grado di uscirne vincente? Fateci sapere la vostra nei commenti.