Questo è forse uno degli episodi più gustosi e più divertenti di tutto il caso Oracle vs Google. Come racconta Groklaw, infatti, il divertimento di vedere il giudice respingere la richiesta di Oracle di far risorgere il brevetto Gosling è superato solo dalla situazione venutasi a creare relativamente alle affermazioni di Oracle sul copyright di Java e delle API, ovvero che siano protette individualmente dal copyright. Riportiamo il divertentissimo scambio di battute “virtuale” proposto da Groklaw, che da solo vale quanto la notizia stessa.

Google: Oracle, puoi affermare che solo il lavoro (Java) nel suo complesso è registrato, poichè è quello che hai registrato.
Oracle: No, la registrazione era riguardo un lavoro collettivo, ovvero i singoli componenti sono protetti anch’essi.
G: Ne sei proprio sicura?
O: Assolutamente sicura.
G: Beh, perchè non l’hai identificato come un lavoro collettivo nella richiesta di registrazione?
O: D’OH!
G: Ovviamente, sai che la legge afferma che per essere un lavoro collettivo tutti i singoli componenti devono essere registrati separatamente. Dove sono le registrazioni dei singoli lavori?
O: D’OH!

Dai documenti del processo si ha un quadro più formale della situazione.

Se la Corte accetta l’argomentazione di Oracle sul “lavoro collettivo”, Google può legittimamente chiedere il giudizio come materia di legge [giudizio definitivo] di non violazione di ciascuna delle parti dei lavori registrati, poichè Oracle non ha provato di essere autrice degli elementi costituenti. Per le ragioni date nel rapporto supplementale consegnato in precedenza, la Corte dovrebbe rifiutare l’argomentazione di Oracle poichè Oracle non ha registrato la piattaforma Java 2 SE come lavoro collettivo. Se, invece, la Corte accettasse l’argomentazione di Oracle, allora Google è autorizzata a chiedere il giudizio come materia di legge sulla non violazione di ciascuna delle parti componenti il lavoro registrato, poichè Oracle non ha provato di essere autrice degli elementi costituenti.

In questo modo, anche assumendo che la Corte accetti l’argomentazione di Oracle, il fallimento nel provare la paternità di alcun elemento costituente [il lavoro completo] impedisce ad Oracle di fare ricorso escludendo la selezione, la coordinazione e l’ordinamento delle singole parti costituenti della piattaforma Java.

In sostanza, se la Corte accetta l’argomentazione di “lavoro collettivo” di Oracle, allora Google ha diritto ad un giudizio come materia di legge sulla non violazione di ciascuna delle parti dei lavori registrati, poichè Oracle non ha provato la paternità degli elementi costituenti [i lavori]. Primo, Oracle non potrebbe sostenere alcuna violazione rispetto ad alcuna copia letterale del codice. Secondo, Oracle potrebbe sostenere che la struttura, sequenza ed organizzazione delle 37 API è violata, ma solo fino al punto che la sua argomentazione non faccia riferimento ad alcunché “dentro” a queste API.

L’argomentazoine di Google ha preso alla sprovvista la Corte, e il Giudice ha accolto questa mozione da parte di Google. Oracle, com’è ovvio che sia, non è d’accordo, ma Google fa giustamente notare che Oracle non può averla vinta su tutti i fronti. Se la società di Larry Ellison afferma che le 37 API “prese individualmente e come unità” sono coperte da una registrazione di copyright (che è richiesta per usarle come base di una causa, e non per la protezione del copyright), ma insiste che Java è registrato come “lavoro collettivo”, Oracle si spara sui piedi – e forse anche in zone più sensibili. Ovviamente non c’è traccia da nessuna parte di una registrazione delle 37 API, nè individualmente nè come insieme, e ciò pone decisamente a sfavore di Oracle.

Un altro punto a favore di Google è il fatto che Oracle usa l’argomentazione di “lavoro come unicum” a seconda della situazione e senza una precisa linea guida; qualunque cosa può essere considerata un “lavoro come unicum”. Può esserci solo un lavoro inteso come un unicum, e tale è Java inteso come la piattaforma registrata nell’unica registrazione richiesta da Oracle.