Spesso ci si chiede cosa significhi la sigla PPI e perché, soprattutto sui telefoni di alta gamma, ci sia una corsa al valore più alto. Con il numero di PPI si intendono i pixel per pollice, la densità dei pixel su uno schermo. Superato un certo valore l’occhio umano non apprezza più alcun incremento.

Perché allora andar sopra quel limite, drenando “inutilmente” batteria? Semplice: con un visore VR si apprezza quel che ad occhio nudo non risulta. Il discorso è analogo per i visori dotati di display (e hardware) propri: maggiore è il numero di PPI, maggiore è la definizione dei contenuti.

Google sembra aver fatto un deciso passo avanti sul tema rispetto ai competitor. A Mountain View hanno tirato fuori un display OLED 4,3 pollici da 120 Hz e 18 megapixel, cioè 1443 pixel per pollice per una risoluzione di circa 5500 x 3000 pixel.

Secondo indiscrezioni, Samsung, che in tema di OLED (o AMOLED che dir si voglia) ha poco da imparare, un anno fa sarebbe stata in grado di spingersi a 1200 PPI. Quindi Google potrebbe aver lavorato al fianco di Samsung per ottenere un simile risultato, o di LG.

Quest’ultima lavora da anni sugli OLED e spesso ha collaborato con Google (realizzando il Pixel 2 XL, per dirne una), ma al MWC dello scorso anno è sembrata piuttosto indietro in quanto a densità sugli schermi destinati ai visori. Dunque, chi è il partner di Google?

Vai a: Nokia 9 potrebbe utilizzare un lettore di impronte digitali integrato nel display