L’ecosistema di dispositivi smart home è decisamente vasto e caotico, con poca propensione alla collaborazione e una scarsa attenzione per la privacy degli utenti. Basta davvero poco per sfruttare la falla di una lampadina economica e accedere a una serie di dati decisamente sensibili.

Se pensate di non avere niente di cui preoccuparvi, ricordate che in una casa connessa è impossibile muoversi senza lasciare la benché minima traccia digitale. I vari dispositivi sanno quando usciamo, quando rientriamo, quando ci addormentiamo, cosa mangiamo e cosa vediamo in TV, tutte informazioni che fanno gola a molte compagnie, alcune anche prive di scrupoli.

Per questo Google ha deciso di adottare delle politiche maggiormente restrittive per quanto riguarda l’accesso ai propri dispositivi della serie Google Nest. Sono tre le modalità che permetteranno di avere codice non-Nest all’interno di un dispositivo Nest.

Si parte da semplici routine, che comportano azioni limitate come l’accensione di una lampadina o l’impostazione della temperatura sul termostato. In questo caso non è necessaria la condivisione di dati, senza quindi che ci siano rischi per gli utenti.

Gli utenti privati potranno riprogrammare i propri dispositivi Nest attraverso un programma dedicato, ma la diffusione dovrebbe essere limitata a pochi appassionati. La parte più delicata è quella legata al programma Device Access, che comporta necessariamente la condivisione di informazioni con compagnie di terze parti.

Google ha deciso di non lasciare agli utenti la possibilità di scegliere se condividere o meno i propri dati e ha preso decisamente il controllo della situazione. Con una decisione che potrebbe scontentare molti produttori di terze parti, Google ha deciso che l’accesso sarà riservato ai partner qualificati, i quali dovranno ottenere una sorta di certificazione.

È previsto un controllo annuale, effettuato da una compagnia specializzata esterna, che certificherà il rispetto dei requisiti imposti da Google. Rishi Chandra, General Manager del programma Nest, afferma che il sistema non è dei migliori, e che servirebbe una soluzione simile alla certificazione ISO, ma in assenza di uno standard questa è l’unica soluzione praticabile, al momento.