Sono bastati pochi giorni a Google per correggere il tiro in merito alla gestione dei dispositivi non certificati, sui quali in linea teorica non è possibile eseguire i servizi e le applicazioni di Big G. In alcuni casi infatti i produttori decidono di non richiedere la certificazione, assente anche nel caso in cui vengano utilizzate custom ROM, e per questo Google impedisce l’utilizzo dei propri servizi.

È tuttavia possibile inserire il proprio dispositivo in una speciale whitelist ma fino a pochi giorni fa la situazione non era semplice. Il colosso di Mountain View aveva infatti imposto un limite di 100 dispositivi per ogni utente e non accettava l’; inserimento dell’ID Google Services Framework in formato esadecimale, costringendo alcuni utenti a inserire l’IMEI.

Il problema che ha preoccupato molti sviluppatori era dettato dalla possibilità che le 100 “esenzioni” potessero esaurirsi in fretta, visto che il GSF ID viene generato a ogni ripristino di fabbrica, e in fase di test questa operazione viene ripetuta numerose volte.

Ora Google fa parzialmente marcia indietro, risolvendo i due problemi che stavano creando maggior apprensione alla comunità degli sviluppatori. È stato rimosso il limite di 100 ID per ciascun utente e allo stesso tempo la pagina di registrazione accetta l’inserimento dei GSD ID in formato esadecimale.

Google continua dunque a notificare agli utenti l’eventuale mancanza della certificazione ma facilita la procedura che consente agli utenti di utilizzarli, rendendoli però consapevoli delle mancanze del produttore.