Con damnatio memoriæ si intende la condanna inflitta dai tribunali dell’antica Roma che consisteva nell’eliminare il ricordo dell’esistenza di personaggi considerati nemici di Roma, tramite la cancellazione fisica di tutto ciò che ne faceva menzione – scritti, opere, statue e via dicendo. Non era una condanna di facile attuazione già allora, e sicuramente in tempi di informazione globale si può ritenere impossibile, ma ci sono degli elementi che fanno pensare che qualcuno ci stia provando lo stesso…

Il riferimento è ancora alla causa di Oracle contro Google, e la “persona dannata” in questo caso è addirittura tutta la Sun Microsystems, passata nelle mani di Oracle nel gennaio 2010. Sun non esiste più come marchio di hardware; il progetto OpenSolaris è stato abbandonato completamente; OpenOffice ha rischiato la stessa fine ed è stato salvato solo grazie ad una corposa comunità che l’ha sostenuto. L’ultimo pezzo di Sun a cadere in ordine cronologico, lo scorso primo giugno, è la chiusura del dominio sun.com, un autentico brandello di storia informatica essendo stato il dodicesimo sito .com registrato, già nel lontanissimo aprile 1986!

In realtà l’operazione era già pianificata dallo scorso marzo, e per dirla tutta l’intenzione di Oracle era semplicemente di spostare in blocco tutto il contenuto del dominio dentro oracle.com. Infatti, tutta la corposa documentazione dei vari progetti di Sun, Java in primis, non è mai mancata agli sviluppatori di tutto il mondo. Sta di fatto, però, che non tutto è stato trasferito nei nuovi domini, e molta roba manca all’appello. Comunicati stampa. Blog dei dipendenti. Articoli di approfondimento. Qualcuno potrebbe pensare che sia tutta roba di poco conto, ma un paio di settimane fa era saltato fuori che l’allora CEO di Sun, Jonathan Schwartz, nel novembre 2007 era entusiasta dell’adozione di Java nel progetto Android.


A questo punto non è difficile pensare che, in mezzo a tutti quei dati, ci potesse essere molta altra roba che possa far pendere la bilancia dalla parte di Google nel suo contenzioso legale. Oracle, per mostrare di non avere nulla da nascondere, aveva già provveduto a fornire a Google e alla corte l’intero contenuto del vecchio sito di Sun ma, sorpresa!, gli archivi erano corrotti ed illeggibili, per stessa ammissione di Oracle! La corporazione di Larry Ellison ha quindi subito affermato che avrebbe provveduto a fornire una copia integra dei contenuti richiesti. Bisogna rimarcare che se sun.com fosse stato ancora in vita, la sua stessa esistenza online avrebbe fornito documenti validi per il procedimento, mentre ora è di Oracle il compito di fornire tali documenti su richiesta. Non si può non notare un certo – forse incolpevole – tempismo nel chiudere il sito di Sun con l’accalorarsi della disputa legale con Google.

Nel frattempo, però, i mesi passano, e a questo punto è inevitabile avanzare alcune questioni:

  • Oracle ha, come principale prodotto, una struttura di database relazionale di straordinario successo mondiale. È naturale chiedersi come sia possibile che un’azienda da decenni impegnata nell’immagazzinamento di dati non sia capace di fornire un certo tot di dati contenuti nei suoi server. La storia dei problemi tecnici è molto poco credibile.
  • Non ho dubbi che Google, in realtà, abbia già in suo possesso tutto il vecchio contenuto di sun.com, perché il business di Google è proprio la ricerca dei documenti e sicuramente avrà mezzo web nella sua cache; in ogni caso, molti dei contenuti che Oracle non ha ancora messo a disposizione sono consultabili presso vari siti di caching storico, come Wayback Machine.
  • Ma Wayback Machine potrebbe far sparire tutti quei documenti se Oracle lo volesse, con una semplice direttiva dei suoi http server. Ma non lo fa (e non lo farà, perché perderebbe la faccia). Dunque, perché Oracle sembra reticente, nei fatti, a fornire quei documenti? Perché l’insistenza di Google a volerli dal suo accusatore? L’intento di Oracle non può essere quello di un semplice dispetto a Mountain View, o impedire che la comunità mondiale veda contenuti “scottanti”: il fatto è che solo Oracle può fornire quei documenti validi per il procedimento. E Oracle sta palesemente prendendo tempo, che potrebbe prolungarsi finché il giudice Alsup non darà incarico a Google di “produrre” tali documenti.

La roadmap di Oracle riguardo i contenuti di sun.com non è nota e non è chiaro cosa ci stia dietro. Ci tengo a sottolineare che ci siamo addentrati nel campo delle ipotesi e delle speculazioni, per cui tutto questo può cadere come un castello di carte a seconda di come si evolverà la storia. Ma, a contorno della vicenda, un lettore del noto sito Groklaw si è prodigato nello spulciare la cache di sun.com in Wayback Machine, trovando alcuni contenuti interessanti anche se forse non riconducibili al caso. Se ne riportano tre, tradotti in italiano:

Comunicato stampa di Sun su Java reso open (13/11/2006)

I distributori GNU/Linux possono aggiungere implementazioni di Java senza costi addizionali alle loro distribuzioni, mentre i clienti con obblighi stringenti sull’open-source possono installare dei pacchetti Java gratuiti e affidabili nella maggior parte delle distribuzioni GNU/Linux.

Post di Greg Papadopoulous, CTO di Sun (7/2/2005)
Fa riferimento a OpenSolaris rilasciato sotto licenza CDDL, ma la stessa licenza è alla base di Java.

Il software open riguarda fondamentalmente la libertà dello sviluppatore. Vogliamo che gli sviluppatori usino liberamente per i loro scopi ogni parte del codice di OpenSolaris che abbiamo sviluppato senza paura di violare le proprietà intellettuali di Sun, siano esse brevetti o copyright.
Abbiamo scelto una licenza — la CDDL, un miglioramento della MPL — che garantisce tale libertà chiaramente ed esplicitamente.

Infatti, la licenza è PIU’ liberale nella licenza di proprietà intellettuale anche della GPL, perché fornisce una licenza di brevetto pulita e non richiede la stessa propagazione virale… [La licenza GPL obbliga a rilasciare sotto licenza GPL ogni applicazione prodotta usando anche solo in parte codice GPL, NdA]

Cosa abbiamo fatto? Abbiamo dato via una quantità enorme di diritti di proprietà intellettuale (il codice e circa 1600 brevetti che vi si potevano applicare) a ogni svilupaptore che voglia usare il nostro codice. L’unica cosa che chiediamo in cambio — che è l’unica cosa che Stallman e Torvalds e ogni altro sviluppatore open source ha chiesto in cambio — è che onoriate la licenza. Punto.

Post di Mike Dillon, consulente legale di Sun (26/5/2008)

Diversamente da altre compagnie, non abbiamo un obiettivo corporativo per proventi derivati dai brevetti (e dalle cause sui brevetti). Invece, investiamo in brevetti per supportare i nostri clienti e le comunità in cui partecipiamo. Questo supporto può essere nella forma di una risposta difensiva ad un attacco ad una comunità o nella forma dell’assicurazione fornita dai brevetti nella misura licenziata dalla CDDL o dalla GPLv3. In definitiva, si tratta di portare innovazione ai nostri clienti e comunità.

Non so cosa possa avere in mano Google, nell’attesa che venga fornito da Oracle, ma a leggere certe cose e a pensare a come sono cambiate sino ad oggi non stupisce che James Gosling, il creatore di Java, si sia rifiutato di unirsi ad Oracle e da marzo lavori proprio per Google. Ecco alcune sue interessanti parole: “Durante i meeting per la fusione tra Sun e Oracle, dove siamo stati torchiati sulla situazione dei brevetti tra Sun e Google, potevamo vedere gli occhi del legale di Oracle illuminarsi.”